Il documentario Digavox scaturisce da una necessità. Quella che gli autori – Ugo Roffi, Ludovica Schiaroli, Fabio Palli, Simona Tarzia – hanno sentito fin dal primo contatto con la realtà del quartiere di Begato: far emergere le voci di un luogo dimenticato, come spesso accade per molti complessi di edilizia residenziale pubblica. Spinti da questo stimolo, in pochi mesi, da novembre 2017 ad aprile 2018 hanno realizzato e autoprodotto il documentario, presentato già da qualche settimana e che sarà proiettato domani, mercoledì 13 giugno, presso il Teatro Altrove di Genova, alla presenza degli autori, dei protagonisti e di alcuni esperti.
Il documentario racconta la Diga di Begato, un complesso di edilizia residenziale pubblica costruito sulle alture di Genova nei primi anni Ottanta.
Composto da due edifici di più di venti piani (la Diga Rossa e la Diga Bianca), un tempo collegati tra loro da uno stretto corridoio sospeso, il quartiere rappresenta un tipico esempio della stagione dei cosiddetti Piani di zona, realizzati a seguito della Legge 167 (1962).
Come molti quartieri nati tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, la Diga si configura come luogo di separazione. Un luogo che, per il resto della città, è possibile scartare, ignorare, dimenticando il suo significato sociale e collettivo.
Sono stati i primi abitanti della Diga, invece, a non poter ignorare la trasformazione sociale avvenuta sotto i loro occhi, intrecciatasi con le loro vite, insieme con il progressivo degrado degli edifici.
Begato infatti – come raccontano gli stessi autori – ben rappresenta il cambiamento dell’abitare legato all’edilizia residenziale pubblica.
Nato come quartiere di classe operaia e lavoratrice, come analogamente accaduto in altri contesti di edilizia residenziale pubblica in Italia, a partire dagli anni Novanta Begato si è trasformato in un luogo dell’abitare difficile.
Mancanza di lavoro, disagio sociale, esclusione, hanno convertito quelli che erano nati come avamposti del welfare in luoghi del conflitto e dell’abbandono.
Così è stato per la Diga di Begato.
Il quartiere, tuttavia, non è solo disagio e marginalità. Gli autori lo sottolineano con decisione: la loro intenzione, fin dal principio, è stata quella di restituire una fotografia del quartiere onesta, articolata. Si tratta di un’operazione per nulla banale, trattandosi di luoghi che spesso sono oggetto di narrazioni mediatiche stereotipanti, marginalizzanti o semplicemente superficiali.
Volutamente estremamente curato nella scelta delle inquadrature, della luce, nella qualità tecnica, Digavox resiste alla tentazione di rappresentare unicamente la fatiscenza degli edifici, l’abbandono degli spazi pubblici, la marginalità. Non negando i problemi e le difficoltà, ma raccogliendo le voci, più voci, interne al quartiere. Lasciando emergere questioni, nodi, punti di vista.
Prima di tutto spiccano le voci dei residenti più o meno “storici”, che restituiscono la complessità di abitare un luogo come Begato. Una complessità che è prima di tutto legame con il territorio, con un luogo certamente respingente, ma in cui ciascuno, in modi diversi, ha costruito la sua casa.
A fare da contraltare ai racconti che spaziano tra criticità e risorse, ci sono i punti di vista di due esperti: Luca Borzani, storico e Roberto Bobbio, architetto. Due voci – seppur esterne – attente e sensibili, che aiutano a collocare da un punto di vista temporale e sociale le storie “molto locali” che vengono dal quartiere.
Storie locali nelle quali tuttavia, chi si occupa di contesti di edilizia pubblica, riconosce aspetti ricorrenti. Tra questi: il senso di radicamento, la percezione dell’abbandono, la difficoltà di relazione con le istituzioni competenti.
E ancora, il problema dei vuoti abitativi e delle occupazioni che ne conseguono. Le proteste contro le spese di amministrazione altissime, cui non corrispondono in molti casi adeguati servizi e manutenzione. Le lotte per l’assegnazione degli alloggi, a fronte di una domanda abitativa a basso costo che, come sappiamo, è sempre più consistente nelle nostre città. Circa 4000 ad oggi le unità abitative di edilizia residenziale pubblica vuote a Genova, sottolineano i responsabili dei comitati locali (Comitato quartieri collinari, Comitato Diamante), che vorrebbero veder approvata una legge regionale che contempli la possibilità dell’autorecupero degli alloggi da parte dei nuovi assegnatari, per accelerare i tempi e prevenire le occupazioni senza titolo.
Perché così vedono il quartiere i residenti: come un luogo da recuperare e non da abbattere. È infatti una minaccia ricorrente, quella dell’abbattimento. Anche recentemente la nuova amministrazione comunale ha rilanciato l’ipotesi. I residenti sono scettici e preoccupati a riguardo.
“Qui bene o male sono a casa mia” dice qualcuno, a fronte di un futuro incerto, che li vedrebbe sradicati chissà in quale parte della città, a dover cominciare tutto da capo.
Analogamente a quanto accade ed è accaduto in diversi quartieri simbolo dell’edilizia residenziale pubblica (si veda ad esempio il caso di Tor Bella Monaca, a Roma, sotto la giunta del sindaco Alemanno), l’abbattimento viene spesso nominato come “soluzione” per risolvere i numerosi problemi legati all’edilizia pubblica.
Una soluzione che tuttavia appiattisce tali problemi alla dimensione della qualità edilizia e del degrado degli immobili. Questione sicuramente rilevante, ma che non esaurisce la complessità di questi luoghi. Come ricorda Borzani parlare di abbattimento schiaccia il caso di Begato ad un fatto unicamente urbano. Mentre, sostiene lo storico, si tratta di considerare il quartiere – e l’edilizia pubblica più in generale – un fatto urbano e sociale.
Un fatto di cui dovremmo tornare ad occuparci in forma collettiva, partecipata, pubblica. Perché questi luoghi ci sollecitano relativamente ad alcune questioni fondamentali del vivere in società: l’inclusione, il diritto alla casa, all’abitare, alla città.
Un primo modo di tornare a occuparci della città pubblica ce lo suggerisce proprio Digavox. Conoscere, documentarsi, attraverso narrazioni oneste. Narrazioni che partono dallo stare nei territori, sostare, conoscere in maniera autentica, costruire relazioni. Non aver fretta di imporre interpretazioni, ma lasciar emergere la complessità.
E con l’uscita del documentario qualcosa è cambiato. Gli autori, insieme agli abitanti, hanno lanciato una campagna per invitare il sindaco Bucci a visitare il quartiere e prendere un caffè con i residenti. Invito che è stato raccolto e che ci si augura possa rappresentare un primo passo per tornare a parlare dei quartieri di edilizia pubblica. A partire proprio dall’ascolto delle voci di chi li abita.
La prossima presentazione è prevista per mercoledì 13 giugno alle ore 17,30 presso il Teatro Altrove – piazza Cambiaso (Genova).
Interverranno, oltre agli autori, Luca Borzani e Walter Massa.
DIGA VOX – Testimonianze dalla Diga di Begato
da un soggetto di Ugo Roffi, Ludovica Schiaroli, Fabio Palli, Simona Tarzia
regia: Ugo Roffi
riprese: Ugo Roffi | Fabio Palli | Matteo Zingirian
montaggio: Ugo Roffi
interviste: Ludovica Schiaroli | Simona Tarzia
assistente tecnico: Rolf Graming
durata filmato 30 min.
realizzazione: novembre 2017- aprile 2018