Nel 2002 al Cairo nasceva una libreria, destinata nel tempo a divenire un punto di riferimento culturale in Egitto e ad ampliarsi aprendo diverse filiali: Diwan nasce dal progetto imprenditoriale di due sorelle, Nadia e Hind Wassef, giovani attiviste e femministe che, come ha raccontato la prima, ospite del festival Pordenonelegge 2021 dove ha presentato il suo libro La libraia del Cairo (Garzanti, 2021), decisero allora di cogliere l’occasione: “in quegli anni si respirava vivacità e ottimismo, la società stava attraversando profondi mutamenti, molti egiziani che erano emigrati stavano rientrando”.
La stessa Nadia Wassef fa parte di questa generazione: dopo una laurea triennale e una magistrale in letteratura inglese e comparata presso l’American University del Cairo, aveva conseguito nel 2000 un master in antropologia sociale presso la SOAS di Londra.
Una volta rientrata in Egitto, “senza piani ben precisi in testa, senza strategie di marketing, senza nemmeno un vero e proprio magazzino, abbiamo deciso di provarci e così è nata Diwan”, racconta. Dopotutto, “l’Egitto è stato per millenni promotore di cultura” e la libreria si fa microcosmo esemplificativo della forza propulsiva della cultura in questa società.
Negli anni la libreria è sopravvissuta a diversi periodi di transizione e a scossoni che hanno attraversato la società egiziana (dalla crisi economica alla rivoluzione del 2011) e, così come le sorelle libraie hanno poi proseguito il proprio percorso biografico, così ha fatto Diwan.
Nadia oggi non abita più al Cairo, ma a Londra e da qui ha deciso di ripercorrere in un libro la propria esperienza di allora.
Tra le difficoltà incontrate dalla “libraia del Cairo” c’è sicuramente la “burocrazia”, spiega lei stessa, ma anche “la resistenza di alcune persone ad accettare l’esistenza di un lavoro come quello del libraio”. A questo, negli ultimi anni, s’è aggiunta la “maratona” infinita cui sono soggette tutte le attività imprenditoriali per stare a galla e sopravvivere nel mercato in cambiamento continuo.
Di certo, un ostacolo per le sorelle Wassef non è stato quello del genere: “mi pare di capire che le donne italiane non siano molto diverse dalle egiziane: è sempre meglio non bisticciarci. In generale, — risponde Nadia Wassef sul tema — il fatto di essere donna diventa una questione solo se tu per prima, da protagonista, ne fai una. Per me non rappresenta una questione. Perché nessuno chiede a un uomo come si sente a essere uomo e a fare il libraio?”.
Il libro di Nadia Wassef racchiude, raccontando la storia specifica di Diwan, un messaggio importante e universale in questo senso per le donne: un invito a conservare, rivendicare e realizzare la propria autonomia e indipendenza.
Allo stesso tempo, La libraia del Cairo invita a una riflessione intorno al valore dei libri in un momento in cui “ad essere costantemente e deliberatamente minacciata è la nostra attenzione”, bombardata di informazioni su situazioni di crisi ed emergenza nel mondo che si susseguono e che non si risolvono quando semplicemente non se ne parla più.
Rifuggendo quella retorica cui spesso piace parlare di Egitto e dell’area mediorientale in genere in termini di storie di emancipazione, di censure o di conflitti, Nadia Wassef racconta in questo libro la sua esperienza — tutt’altro che esotica o esotizzabile — di imprenditrice del Cairo.