Il ’68 in musica – 2

di

6 Ottobre 2018

La seconda puntata dedicata alla musica del ’68

Tutto inizia così questa settimana, con gli Squallor!
Quanti ingegneri ed architetti,
parrucchieri e cantautori
ha partorito il ’68
alcuni santi e qualche dio
stilisti, uomini d’affari
l’unico stronzo sono io
e non mi pento del mio passato
ma il ’68 mi ha rovinato.

Urss di Maria Izzo
Un timido disgelo, un lungo inverno

“Si ritrovarono in otto nella Piazza Rossa di Mosca, il 25 agosto del 1968, con i cartelli in mano e il destino già scritto di chi sotto un cielo già gonfio di pioggia va in cerca del vento di una primavera che per un momento sembrò soffiare più forte, spingendo da ovest e riportando la mente alle speranze di quel marzo lontano in cui la terra, dopo decenni di gelo, poco a poco ricominciò a respirare.”
La narrazione di Maria Izzo (per me Tempesta) è meravigliosa, le parole si rincorrono sullo schermo e sembra di essere nel punto esatto in cui la rivoluzione voleva compiersi. E così apro questo tandem di canzoni per la Izzo, con On the road again. Canzone stupenda eseguita dai Canned Heat. Perché? Perché mi fa vedere la strada, mi racconta un frammento in più, mi fa muovere la testa e mi accompagna in questa ricerca di speranza.

“In quegli ultimi giorni d’agosto, nell’aria che già portava l’odore d’autunno, ormai non c’era più traccia della speranza sottile di primavera, che altrove aveva spalancato finestre e aperto nuovi orizzonti. Sotto un cielo già gonfio di pioggia, l’Unione Sovietica, come un fossile vinto dal torpore dei vuoti rituali e travolto dal grigio dei dogmi di carta, sprofondava sempre più in basso, in una immensa, stagnante palude.”
E torno a proporre Guccini, con la nostalgia delle tasche della sera, con il riso che cambia in pianto e questo tempo andato che non riusciremo a ritrovare. Le porte dell’estate, dall’inverno son bagnate e quella voglia di cercare se stessi nei libri e nei poeti e la domanda insistente: dove se n’è andato il tempo? E dove, la rivoluzione?

Jugoslavia di Francesca Rolandi
Ci vediamo al club Palach: Fiume e la Jugoslavia, il ’68 tra est e ovest

“I vecchi rivoluzionari al potere riuscirono nel loro intento di soffocare la ribellione dei giovani.” Così scrive ad un certo punto Francesca Rolandi, e proprio alla luce di questo buio, ho reagito con una canzone dei Rolling Stones che invece parla di strada, di scendere e urlare. Illusi e disillusi allo stesso tempo.
Hey think the time is right
For a palace revolution
But where I live the game
To play is compromise solution.

India di Maria Tavernini
Una giovane democrazia nella tempesta

Le parole di Maria Tavernini ci portano in un’India inedita e poi ci indicano una strada precisa, quella dell’album bianco di The Beatles e così noi seguiamo quest’autostrada della musica e ci
godiamo due canzoni meravigliose

I look at the world and I notice it’s turning
While my guitar gently weeps
With every mistake we must surely be learning
Still my guitar gently weeps.

Born a poor young country boy, Mother Nature’s son
All day long I’m sitting singing songs for everyone
Sit beside a mountain stream, see her waters rise
Listen to the pretty sound of music as she flies
Find me in my field of grass, Mother Nature’s son
Swaying daises sing a lazy song beneath the sun