22 Gennaio 2019
Finisce il tempo del moderatismo esasperante che brama il centro come se solo nel mezzo vi sia speranza di progresso.
La dichiaratia compulsiva di propaganda e la volgarità del governo nelle parole e nell’amministrazione del Paese dimostrano, al contrario dei fan del popolo sovrano, che le regole democratiche non esistono più. O forse che non sono mai davvero esistite.
Perché alla fine è sempre più una questione di soldi e di potere.
Le politiche disumane, le politiche vaghe, il caos dei documenti mai pronti, mai definitivi, festeggiati dai balconi e poi rettificati, ma soprattutto il cafonal, che come cifra di un comportamento trova, in una parte, forse maggioritaria, di italiani un successo che nemmeno Vanzina avrebbe sperato. Stiamo vivendo una delle peggiori stagioni di abbruttimento sociale e comunicativo, con un continuo richiamo all’ignoranza come valore e disprezzo per ciò che è cultura e accrescimento personale di cognizione.
Dal presidente operaio che promette un milione di posti di lavoro, impegnato in scorribande lussuriose mentre il mondo si infiamma, a una manica di improvvisati stregoni del sentimento popolare. In mezzo l’agonia dell’ex partito progressista moderato. Il tutto al netto della disumanità eretta a programma volitivo di mascelle da ventennio, che chiude i porti all’umanità e rispedisce i torturati dai torturatori, come ha deciso di fare il precedente mago della politica migratoria Minniti.
Il rapporto di forza è una tensione che sta spaccando la convivenza civile. Perché se piccoli gerarchi crescono mangiando nutella e abboffandosi su twitter, c’è nel Paese una gran parte di persone ancora convinte di valori come il soccorso in mare, la solidarietà e la voglia di cambiare, in meglio, i destini di chi sta peggio, senza dover rinunciare a nessuno dei propri diritti.
In questa situazione che mastica maledizioni quotidiane, a ogni dichiarazione ministeriale, il disprezzo per la cultura e il percorso di studi è palpabile, quasi una missione, una rivincita non si capisce bene di cosa su chi, visto che non siamo nell’Italia del divario culturale del dopoguerra. Ma essere ignoranti è un vanto e questo governo, in nome di una supposta sintonia con le masse popolari, ci si tuffa incosciente di cosa stia preparando, se non odio e grettezza.
Il trucco di questo momento di forze è che le invocate regole della democrazia, che viene tradotta assai male nella pratica, sono false. Non c’è un accesso paritetico al gioco democratico. Non c’è mai stato. Il popolo sovrano è una invenzione di chi in nome del popolo si prende il potere, per restituire al popolo solo una illusione, due pagnotte e tanto spogliatoio fatto i congiuntivi errati, di linguaggi esageratamente volgari, di simbologie (baciamano, selfie autografo, divise esibite a mo’di vessillo) e di una continua campagna d’odio e di aggressività verbale che non può che preludere a quella fisica.
Eppure il gioco democratico viene esibito, mentre lo si strozza. Eppure ci ritroviamo in una situazione in cui tolleriamo un nocumento così alto del vivere civile e di crescita della civiltà da iniziare a volerci ribellare contro chi avvelena i pozzi. Perché possa definitivamente sparire dalla scena politica. Via. Fuori. Mai più.
Ci vogliono nuove regole di accesso ai palazzi di chi amministra le nostre vite.
Ci vogliono nuove regole che limitino il potere comunicativo che salta la mediazione giornalistica.
Ci vogliono autorità capaci di essere a guardia delle Istituzioni. Che sono state deformate da pratiche barbare.
Non è la prima volta, dai patti con la mafia, la P2, lo stragismo, i gladiatori, i servizi deviati, gli interessi personali, i conflitti di interessi, il monopolio televisivo, gli scandali sessuali e tanto altro. Ma qui è l’odio che spaventa e che suscita una reazione di paura in molti e forse anche di reazione in altri. La democrazia non vale di fronte ai milioni di euro spesi per comprarsi i parlamentari un tempo, come i milioni di euro sottratti al popolo dalle svelte e criminali mani leghiste.
C’è bisogno di radicalizzarsi. Ancor più di prima. Finisce il tempo del moderatismo esasperante che brama il centro come se solo nel mezzo vi sia speranza di progresso.
È tempo di schierarsi in maniera decisa e conflittuale, anche non pacifica quando serva.