di Luca Rasponi
9 Ottobre 2018
Usciva dieci anni fa ‘La Mia Vita Disegnata Male’, autobiografia non convenzionale di Gipi tra realtà e fantasia
Il calendario a volte fa strani scherzi. Il prossimo novembre uscirà nelle sale Il ragazzo più felice del mondo, secondo film di Gipi, dopo la presentazione al Festival del cinema di Venezia.
Ma la fine del 2018 segna anche un anniversario importante per l’artista pisano.
Il decennale dall’uscita del graphic novel La Mia Vita Disegnata Male, un capolavoro che non smette di essere letto e ristampato.
Con una nuova edizione anch’essa targata Coconino (2015) e copie vendute a decine di migliaia, LMVDM è già un classico della Nona Arte, una biografia non convenzionale tra realtà e fantasia, con la forza di un pugno alla bocca dello stomaco e la delicatezza di un tramonto sul mare.
L’artista toscano provoca il lettore fin dal titolo, che anticipa la scelta estetica caratteristica del volume. La vita dell’autore – sia il presente che i ricordi del passato – è infatti raffigurata in bianco e nero, con un tratto essenziale al punto da sembrare quasi tirato via.
La tavola è completamente destrutturata, le vignette non hanno margine, si confondono tra loro e con l’onnipresente voce narrante dell’autore, che accompagna il racconto sotto forma di didascalia.
Cancellature, veri e propri scarabocchi accompagnano i disegni, dando l’impressione di trovarsi di fronte a un taccuino di appunti e schizzi realizzati di getto dall’autore.
Il fatto che il processo di elaborazione sia del tutto evidente non fa che rafforzare ancora di più l’effetto di spontaneità del racconto:
«Credo che sia stato allora che ho cominciato ad amare odiare il fumetto»
A questo contribuiscono in maniera decisiva, naturalmente, i contenuti della narrazione, che rifugge gli schemi di un’autobiografia ordinaria per immergersi pagina dopo pagina in un’intimità totale e feroce.
Il dato di partenza è la malattia, già di per sé spiazzante, ma ancora di più se riguarda la sfera della sessualità. Affrontata in ogni caso con l’ironia dissacrante e totalmente priva di (auto)indulgenza che l’autore prende in prestito dal brano Bobby Brown (Goes Down) di Frank Zappa.
Poi c’è tutto il resto: dall’adolescenza autodistruttiva ai traumi dell’infanza, dalle relazioni importanti del passato, perse e poi ritrovate, a quelle determinanti per plasmare il presente in modo nuovo.
Ed è proprio qui – per raccontare la svolta inattesa nel momento più difficile – che subentra la sorpresa. L’autobiografia “disegnata male” lascia spazio alle meravigliose tavole dipinte già ammirate nel precedente S., e la vita quotidiana si trasforma in un immaginifico racconto di pirati.
Non certo un cambiamento radicale, visto che anche la trama principale ha un incedere al limite del realismo, e che più ci si avvicina al finale più il confine tra realtà e fantasia diventa labile.
Ma comunque un viaggio in una dimensione altra, a colori, che sembra scorrere per conto proprio e invece finisce inaspettatamente per convergere con quella in bianco e nero.
Rivelando che per uscire dalla palude delle proprie angosce è necessario pensare fuori dagli schemi, e che essere capaci di un sorriso e di una parola sincera nel momento più improbabile può letteralmente… togliere le castagne dal fuoco.
La Mia Vita Disegnata Male strappa una risata sonora nelle circostanze più drammatiche, evita ogni forma di (auto)commiserazione, facendo della sincerità più brutale il suo tratto distintivo.
Una schiettezza tagliente alla quale Gipi ci ha ormai abituati con i suoi cortometraggi e in veste di indomito commentatore dell’attualità sui social. Ma che in La Mia Vita Disegnata Male diventa strumento per raggiungere profondità inesplorate. E, forse, ineguagliate.