2 agosto 1980. «Sappiamo la verità e abbiamo le prove»

C’è un prima e un dopo in ogni estate bolognese. C’è un prima e un dopo il 2 agosto: un momento preciso, scandito dai tre fischi del treno che rompono in silenzio di migliaia di persone davanti alla stazione di Bologna. È un suono che non si può spiegare, che fa solo lontanamente immaginare un altro suono, centinaia di volte più forte: quello della bomba fatta esplodere praticamente nello stesso punto il 2 agosto del 1980. Un suono che fa solo immaginare le urla, le grida, gli allarmi, una parte di stazione che crolla, i primi soccorsi che arrivano, le ambulanze e l’autobus che fanno avanti e indietro tra ospedali e obitorio per ore e ore. Ottantacinque le vittime, tra gli 86 e i 3 anni. Più di duecento i feriti che non si toglieranno mai più di dosso quei momenti. Decine e decine i familiari che non vedranno più i loro cari arrivare a casa.

E c’è anche un prima e un dopo quel momento, le 10.25 del 2 agosto 1980, nella storia di tutto il Paese. Quella della stazione di Bologna si inserisce infatti nella strategia della tensione. E di mezzo non ci sono solo neofascisti, ma anche servizi segreti e uomini delle istituzioni. Sembra scontato dirlo, ma non è così. Come non è scontata la frase che si legge nel manifesto per l’anniversario di quest’anno, il 44°: «Sappiamo la verità e abbiamo le prove». Per capirlo basta guardare i manifesti degli scorsi quarantatré anni.

2021: «Svelare mandanti e depistatori nascosti nelle strutture dello Stato rafforza la nostra democrazia e restituisce dignità al Paese».
2017: «La storia non si archivia. La forza della verità non si può fermare. La giustizia faccia la sua parte».
2014: «Le vecchie coperture sono cadute, si aprono gli archivi segreti della Repubblica. I mandanti avranno un volto, i responsabili politici dovranno spiegare l’omertà».
2009: «La certezza della pena in questo Paese in questo Paese è riservata esclusivamente alle vittime e ai loro familiari».
1990: «18 luglio 1990, la Corte di Assise di Appello di Bologna sentenzia: “Nessun colpevole”. La strage è cancellata».
1986: «”L’accertamento della verità è stato in questo processo ostacolato in ogni modo, poiché le menzogne, gli inquinamenti e le congiure di ogni genere hanno raggiunto un livello talmente elevato da costituire una costante” (Sentenza-Ordinanza dei Giudici del Tribunale di Bologna».

Dopo migliaia di udienze, processi, sentenze, condanne o assoluzioni, questo è forse il primo anno in cui si può dire che si sta raggiungendo una verità giudiziaria. Ci sono voluti quarantaquattro anni.

Nell’ultimo anno due sentenze di secondo grado hanno condannato i due terroristi neofascisti dei Nuclei Armati Rivoluzionari e di Avanguardia Nazionale Gilberto Cavallini e Paolo Bellini, ritenuti concorrenti nella strage del 2 agosto. E negli atti del processo Cavallini viene dimostrata l’insussistenza della “pista palestinese”, la pista che si fondava su una estrapolazione di documenti dai quali poteva emergere un pericolo di attentati terroristici da parte del Fronte della Liberazione della Palestina in Italia e che è stata tirata fuori ciclicamente, l’ultima volta l’anno scorso da Fratelli d’Italia, per scopi meramente politici.

Quello che emerge dai processi – in particolare nel processo ai mandanti e che speriamo verrà confermato anche in Cassazione – è chiaro:

La strage è stata organizzata dai vertici della loggia massonica P2, protetta dai vertici dei servizi segreti italiani, eseguita dai terroristi fascisti.

Fu una strage fascista, fu una strage di Stato. «La strage è stata commessa dalle sigle dell’eversione neofascista italiana – ha dichiarato al giornale sabato sera l’avvocato dell’Associazione dei familiari delle vittime del 2 agosto, Andrea Speranzoni -. È fascista perché commessa da eversori di estrema destra e con una finalità che disprezzava e negava la democrazia. La difficoltà di definire le cose col proprio nome in base ai fatti che le connotano è un tratto tipico del nostro Paese. C’è un lavoro culturale profondo da fare». E allora continuiamo a ripeterlo, quarantaquattro anni dopo un trauma individuale e collettivo, quarantaquattro anni dopo una stazione squarciata, una città distrutta, dopo quarantaquattro anni di depistaggi, false testimonianze, assoluzioni: fu una strage fascista, fu una strage di Stato.

85 morti e oltre 200 feriti, una stazione che crolla, un crepa nel muro che si vede ancora oggi, un orologio fermo alle 10 e 25 da più quarant’anni. Il ricordo di chi c’era, la memoria di tutte e tutti. Sono passati quarantaquattro anni.