È morto Henry Kissinger e aveva 100 anni. Uno di quei casi in cui, per essere chiari fin dall’inizio, ci si chiede come mai chi ha causato lutti e tragedie all’umanità possa morire così vecchio, mentre tanti giovani ammirevoli ci hanno lasciato troppo presto.
La vita e le opere di Henry Kissinger le potete leggere agilmente su qualsiasi pagina web di raccolta biografie, come wikipedia, per esempio.
A me piace tornare a una delle grandi e oscene malefatte dell’azione politica di Henry Kissinger, e cioè la mattanza cilena. Fu uno dei protagonisti dell’appoggio e suggerimenti e tanto altro al golpe del generale Augusto Pinochet, che pugnalò alle spalle il suo presidente, Salvador Allende.
Non fu un caso isolato, si vada a studiare la storia. Un giudice nel 2000 cercò di portare a processo il vecchio potente per l’Operativo Condor, che era una struttura che riuniva le gerarchie militari e i servizi di intelligenza di Cile, Argentina, Brasile, Urugay, Perù, Bolivia. Furono istituiti tribunali speciali e le polizie politiche varcavano a piacimento le frontiere per arrestare, torturare e sterminare i sovversivi, come chiamavano militanti politici progressisti. I Tribunali Condor fecero strage negli anni 70. Il tutto supportato dalla CIA statunitense e con i buoni uffici di chi, grottesco paradosso della Storia, proprio nel 1973 fu insignito del Nobel alla Pace, avete letto bene, e cioè Henry Kissinger (se mai non fosse chiaro a cosa serve un premio per la pace istituito nel nome del washing di chi vendeva dinamite).
Un macellaio. Ma rispettato e in giacca e cravatta, intellettualmente brillante, colto e capace, nelle stanze del potere per decenni, anche quando non fu più alla Casa Bianca, dentro la Trilateral commission, altro luogo dove si decidono le sorti del mondo fra potenti e le vite umane perdono valore, diventano danni collaterali o semplici pedine.
Ci fu il periodo di amore e scambio con Richard Nixon, la scampò per un soffio nel Watergate, mise il suo ingegno nella storia del conflitto vietnamita, altro dramma sanguinoso, preparò il viaggio Usa in Cina, e per le cronache rispose alle domande di Oriana Fallaci, prima che la stessa venisse colpita dalla demenza senile.
Henry Kissinger è il fascino del male: le sue dichiarazioni sul potere sono come riassumere in cinque minuti le sei stagioni di House of Cards, la fortunata serie Netflix in cui una coppia diventa presidente Usa uccidendo e assassinando.
Power is the ultimate aphrodisiac, brillante aforisma. Qui c’è la genialità di chi ha capito cosa sia il Potere, e ancora: La cosa bella dell’essere famosi è che, quando annoi le persone, queste pensano che sia colpa loro. Umoristico e ficcante, così come spietato al momento di dare il via a operazioni con appoggio Usa nel cortile di casa, che era il Latinoamerica allora, senza preoccuparsi delle stragi che vennero eseguite dai golpisti.
Nel 1978, prima di essere rapito e poi ucciso dalle Brigate Rosse, Aldo Moro allora ministro degli Esteri viaggiò negli States e torno in anticipo in Italia, perché si sentiva minacciato proprio da Kissinger: era l’uomo del compromesso storico che avrebbe dovuto sdoganare il partito comunista italiano. Moro era turbato, riportano le fonti vicino al Presidente della Democrazia cristiana. Quel compromesso storico fra Dc e Pci non s’aveva da fare e Moro fece la fine che fece, ma soprattutto Francesco Cossiga, allora ministro del governo, creò un gruppo ristretto per gestire il sequestro con emissari della Cia. Oggi forse ci sentiamo più liberi da quella morsa, sbagliando.
Il fascino del Male, però, non è solo in una personalità d’eccezione nel rappresentare il potere assoluto e nella sicumera egoista di sentirsi in grado di distruggere qualsiasi cosa per ragion di stato o potere personale. Il fascino del Male è quello che viene riconosciuto da chi non ha il potere e guarda con ammirazione anche ai mostri del Novecento per dire che erano persone capaci di organizzare, di prendere decisioni, di mantenere il potere assoluto, senza scrupoli. Gli uomini, ovviamente di donne ce ne sono state poche per questioni patriarcali, forti.
E allora leggiamo articoli ‘ponderati’ sul percorso politico e di vita di questo simpatico vecchio con gli occhiali in bachelite nera. Ne ha mandati a morire decine di migliaia di uomini e donne, ha sconvolto la geometria democratica di interi Paesi.
Certo: erano i tempi delle Superpotenze e la Cina era rivoluzionaria, chi lo mette in discussione? Quello su cui però faremmo bene a interrogarci è quanto si debba essere coerenti e tranchant rispetto alle questioni che attingono i diritti umani.
La domanda sui diritti non ammette se e ‘ma anche’. Almeno per poter avere chiarezza, senza dover mischiare il male minore o il potere come instrumentum regni, abbiamo bisogno di tornare a una rigidità del giudizio che freni l’escalation. Abbiamo bisogno di riconoscerci dentro delle categorie che abbiamo costruito in secoli di costruzione delle nostre democrazie. Categorie che vengono sfregiate dalle eccezioni, dalle campagne d’odio, dai sogni di superpotenza geopolitica.
Quante famiglie sono rimaste distrutte, quanti rami tagliati negli alberi genealogici grazie ai consigli e alle politiche del Segretario di Stato più potente di tutti i tempi, di Henry Kissinger?