La città di Firenze è da tempo osservatorio privilegiato della turistificazione e della gentrificazione. Il capoluogo toscano, metà bazar metà museo, è da decenni attraversato da una pluralità di mutamenti che ne hanno modificato irreversibilmente i lineamenti.
Si deve a Ruth Glass, sociologa e urbanista britannica, la creazione del concetto di gentrificazione. Nel suo capitale studio “London: aspects of change” (MacGibbon & Kee, 1964) descrisse per la prima volta i drammatici cambiamenti demografici conseguenti alla sistematica, massiva, penetrazione della classe media all’interno di quartieri tradizionalmente operai. Un fenomeno per il tempo inedito quanto dirompente, che come prima e più evidente conseguenza ebbe il forzato allontanamento degli abitanti originari, costretti a trasferirsi altrove in ragione di un drastico aumento degli affitti e del generale costo della vita. Una dinamica che da lì a poco fu possibile osservare in tutte le realtà urbane delle cosiddette società a capitalismo avanzato e che da qualche decennio è esplosa con estrema chiarezza anche in Italia.
Nel contesto fiorentino, va segnalata l’attività del laboratorio politico PerUnaltracitta che, ormai da anni, prosegue lungo la via della denuncia e dell’attivismo giornalistico dei danni che gli effetti degenerativi della turistificazione producono.
Francesca Conti, giornalista e direttrice responsabile della rivista La città invisibile, ha deciso di aiutarci a inquadrare tale fenomeno alla luce del suo lavoro pluridecennale sul territorio. Sono infatti molteplici le lotte, le vertenze e le inchieste elaborate dal laboratorio ai fini di una messa in discussione della mala gestione portata avanti dalle differenti amministrazioni comunali che negli anni si sono susseguite.
Francesca, puoi raccontarci come e perché nacquero questa rivista e il collettivo da cui ha origine?
PerUnaltracittà nasce nel 2004, quando come lista di cittadinanza candidiamo a sindaca una persona, Ornella De Zordo, che per dieci anni sarà in consiglio comunale. Opposizione di sinistra a quelli che allora erano i Ds e la Margherita e che poi sarebbero confluiti nel PD. Intorno a De Zordo si era formato un collettivo di attivisti e le battaglie venivano portate avanti sia dentro che fuori le istituzioni.
Nel 2014 decidiamo di chiudere l’esperienza nelle istituzioni, perché le assemblee elettive, in questo caso il consiglio comunale, sono state svuotate di funzioni. Ogni decisione è accentrata da Sindaco e Giunta e i consigli comunali sono chiamati a ratificare. Non fraintendetemi, quei dieci anni sono stati fondamentali: le proposte e la ferma opposizione alle decisioni della maggioranza sono tuttora attualissime.
Quello che criticavamo allora oggi di fatto si sta compiendo. Quella trasformazione della città in chiave neoliberista ha conosciuto negli ultimi anni un’accelerata preoccupante.
Uno dei temi centrali negli anni di consiliatura ma anche in quelli della rivista è stato il diritto alla città, grazie a un nutrito gruppo di urbanisti si è dato vita a quella che abbiamo chiamato ‘urbanistica resistente’ e che continua ancora oggi ad essere di grande attualità.
È stata quasi una scelta naturale quella di fondare un laboratorio politico e una rivista, “La Città invisibile”, che nasce per dare voce a chi non trova spazio nell’informazione mainstream. Non solo una redazione di attivisti e giornalisti che racconta lotte e vertenze, ma anche uno spazio per quegli attivisti e per quelle lotte che si vogliono raccontare da sole con le proprie parole. Ci è sempre piaciuta la definizione di activism journalism: il sottotitolo della rivista è “Voci contro il pensiero unico”. Oggi, otto anni dopo, quel pensiero critico è ancora più necessario.
Esistono e se sì quali sono le specificità del fenomeno gentrificazione nel contesto italiano e – in particolare – in quello fiorentino? Cosa contraddistingue il fenomeno gentrificazione nel contesto italiano e specificamente fiorentino da quanto osservato nei contesti nordamericano e nordeuropeo?
Cominciamo col dire che Firenze è un contesto molto particolare. Quando si parla di gentrificazione la prima città che viene in mente è Londra, che del resto è anche la città per la quale il termine è stato coniato negli anni ‘60 per indicare la sostituzione delle classi popolari con le classi medio alte in un dato quartiere della città. Fenomeno che anche a Londra si intensificherà non a caso negli anni del neoliberismo thatcheriano e poi con Blair. A inizio anni ‘80 a Soho c’erano ancora giovani squatter che vivevano in appartamenti occupati senza luce né acqua. La prima città che invece ha subito la forma più attuale di gentrificazione è stata senza dubbio San Francisco che con l’espansione delle aziende tecnologiche della Silicon Valley ha visto arrivare in città moltissime persone con stipendi molto alti che sono andati a sostituire i residenti meno abbienti. Armistead Maupin, giornalista e scrittore, autore della rubrica Tales of the city sul San Francisco Chronicle lamenta nelle sue ultime interviste anche una perdita in termini di creatività e di differenze che hanno sempre caratterizzato una città come San Francisco che ha visto esplodere il fenomeno Hippie e che è stato la capitale della comunità LGBTQ dagli anni ‘60.
Firenze è un caso a sé, perché Firenze unisce il tema della turistificazione a quello della gentrificazione. Si parla spesso di ‘venezianizzazione’ di Firenze:, il centro storico è stato completamente svuotato di residenti e gli appartamenti in massima parte sono destinati ad affitti turistici. Firenze è una città di medie dimensioni – 365.000 residenti circa – che nei primi cinque mesi del 2022 ha visto l’arrivo 2.2 milioni di turisti. L’impatto sulla città è enorme, anche perché i turisti insistono tutti sul centro storico. Visti i numeri, gli appartamenti destinati agli affitti turistici stanno crescendo anche in altre zone della città, dalla cerchia dei viali di circonvallazione ai quartieri popolari di Novoli e dintorni che con la tranvia che li collega rapidamente al centro sono divenuti appetibili. Il tutto accompagnato da una crescita insostenibile dei prezzi degli affitti e anche delle case a metro quadro. Chiaramente sempre più famiglie di medio reddito sono costrette a spostarsi nei comuni limitrofi. Firenze infatti ogni anno continua a perdere residenti. Poi vi è tutto il tema degli studentati di lusso ovvero l’ultimo escamotage per aprire nuovi hotel nonostante il blocco delle trasformazioni in turistico-ricettive delle destinazioni d’uso degli edifici da parte del comune. In città ci prepariamo ad avere ben sette studentati/hotel privati di cui tre già esistenti e quattro in via di realizzazione: 3 Student Hotel per un totale di 1378 stanze, altre 300 circa nei due studentati Camplus e infine i due in piazza Indipendenza. Solo per fare un esempio un posto in doppia in un Camplus viene 12.000 euro per undici mesi. La cifra ci dice chiaramente a quale clientela sono destinati questi studentati che, a ragione, molti definiscono di lusso. Ovviamente sappiamo bene che queste residenze sono destinate anche agli affitti turistici con il prezzo di una doppia che oscilla tra i 100 e i 150 euro.
Su tutto questo si innesta anche la gentrificazione, come la raccontavamo poco sopra. Le operazioni della Manifattura Tabacchi e quella delle Officine Grandi Riparazioni sono proprio questo. Ovviamente si parla di rigenerazione o riqualificazione urbana per dare l’idea di un miglioramento, in realtà è qualcosa di più vicino alla speculazione. Alla Manifattura Tabacchi, per esempio, si è deciso di optare per la realizzazione di appartamenti che andranno dai 4mila ai 6mila euro al metro quadro. Con grande sprezzo del ridicolo Repubblica Firenze dopo la presentazione del progetto titolò ‘Hipster e sostenibili, appartamenti in vendita alla Manifattura Tabacchi’, in una città che, come denuncia il Sunia (il principale sindacato degli inquilini e degli assegnatari di edilizia pubblica), vede 130 esecuzioni di sfratto al mese. In un contesto del genere, con buona pace degli hipster, servirebbero invece case popolari e affitti calmierati. Analogo destino aspetta le ex Officine Grandi Riparazioni dietro la Stazione Leopolda al limitare del Parco delle Cascine. Anche in quel caso si è parlato della Upper West Side di Firenze con la Cascine al posto di Central Park. Ma Firenze non è New York. La gentrificazione a mio avviso si sta espandendo anche in direzione del quartiere 2 sull’asse piazza della Libertà-Le Cure, dove sono in arrivo hotel di lusso e grandi magazzini ‘in stile La Fayette’ sempre secondo la retorica trionfalistico-celebrativa della stampa locale.
Noi fiorentini dovremmo allarmarci ogni volta che sentiamo parlare di degrado, quelle zone degradate secondo i media e secondo i politici saranno le future zone aggredite dalla rendita. La retorica del degrado/decoro, tipicamente neoliberista, serve proprio a questo: a sterilizzare le città di presenze non gradite e offrirle alla rendita.
Quale ruolo hanno giocato e giocano le istituzioni e le amministrazioni locali nello sviluppo di questi processi sul territorio fiorentino?
Le amministrazioni locali avrebbero potuto utilizzare molto diversamente lo strumento dell’urbanistica, quello che sta interessando Firenze è un fenomeno simile a quello di tante altre città ma poteva e doveva essere arginato dalla politica. In realtà l’amministrazione è andata nella direzione opposta, favorendo l’ingresso di grandi investitori e svendendo di fatto una buona parte del patrimonio pubblico. A partire dal 2009, quando Renzi è diventato sindaco e nel corso dei due mandati di Nardella questo fenomeno ha conosciuto una crescita esponenziale. Vale la pena ricordare che il Sindaco Nardella è andato in giro per le fiere del real estate mondiale con sottobraccio una brochure intitolata ‘Florence city of the opportunities’ all’interno della quale vi erano 59 edifici storici di cui 12 pubblici e 47 privati da vendere al miglior offerente. Non è un caso quindi che palazzi storici fiorentini siano oggi di proprietà di holding internazionali e di fondi sovrani come quello del Qatar. Tra gli acquirenti e nuovi padroni di Firenze ci sono società taiwanesi, statunitensi, sudafricane, tedesche. L’amministrazione ha favorito questi processi, svendendo anche proprietà pubbliche. Tanti edifici sarebbero potuti diventare non solo, come già detto, case popolari ma anche luoghi pubblici, spazi per associazioni, artisti, giovani. Invece sono state vendute e trasformate in resort, hotel di lusso e spazi commerciali. Il caso di Costa San Giorgio è esemplare: un edificio pubblico di grande pregio venduto e trasformato in hotel di lusso da quegli stessi Lowenstein che stanno trasformando la Villa Medicea di Cafaggiolo, nel Mugello, in un resort lussuosissimo. I Lowenstein volevano un ascensore o un trenino a cremagliera che collegasse Boboli al loro hotel in cima a quella che a Firenze si chiama ‘Poggio delle Rovinate’, il progetto era stato bocciato a gran voce dai cittadini e dalle associazioni. Come può il giardino di Boboli diventare una sorta di parco giochi per i ricchi turisti ospiti dei Lowenstein? Meno di un mese fa la Giunta, in cerca di sostenitori, ha ritirato fuori dal cilindro il progetto della cremagliera inserita nell’avviso ‘Florence I care’ del Comune di Firenze. Per fortuna in città esistono ancora tante sacche di resistenza e di riflessione, dalle occupazioni agli intellettuali critici fino alle realtà come la nostra e tante altre ancora. Eppure non basta, servono nuove visioni della città, serve uno stop alla rendita, serve tanto studio e mobilitazione popolare.
Occorre dunque domandarsi: perché tutto questo avviene? Perché è utile. È utile frammentare il tessuto sociale, emarginare le classi popolari e rendere le aree periferiche subalterne al centro nevralgico della città. È utile fare in modo che le classi lavoratrici non siano partecipi dei processi di avanzamento che interessano una minoranza sempre più ristretta. È utile, poi, lasciare che il peso dell’emarginazione pervada coloro che sono stati relegati ai margini di una svendita generalizzata. Se l’idea neoliberista continua ad essere il pilastro sul quale costruire la propria idea di spazio pubblico non si assisterà mai ad un ribaltamento di prospettiva. L’assenza di mutamenti in tale ambito porta, inevitabilmente, a credere che la turistificazione a cui assistiamo ogni giorno sia un processo irreversibile. La volontà di rendere i quartieri popolari e la classe lavoratrice che li abita soggetti ad uno svuotamento della propria centralità nel contesto cittadino conduce inevitabilmente ad una loro esclusione. Se l’idea di progresso che viene propagandata da parte degli ambienti politici ed economici che governano Firenze entra in contrasto con le esigenze reali e materiali della maggioranza è quindi necessario ripensare un nuovo modello di città. Un modello, cioè, che sappia escludere dalla propria concezione di progresso qualsiasi spinta volta al bieco sfruttamento intensivo del territorio e dei suoi spazi urbani per il mero guadagno dei soliti pochi.