Q Code è mediapartner di un’iniziativa importante che si svolgerà a Bolzano in due tappe, la prima è il 5 di ottobre. L’Associazione per i popoli minacciati e il Centro per la Pace hanno organizzato i due convegni (dopo il 5 si replica la settimana dopo, il 12), alla Sala di Rappresentanza del Comune di Bolzano, vicolo Gumer 7.
Venerdì interverranno Kamal Sido – Associazione Popoli Minacciati/ Gesellschaft für bedrohte Völker, Göttingen sul tema “Curdi in Siria 1918 2024. Quale futuro per una autonomia regionale” e Maria Crippa, Assegnista di ricerca in diritto penale internazionale, Università di Milano. La sua riflessione sarà su “Diritto Internazionale Penale: il caso Isis/Daesh”.
Abbiamo voluto essere al fianco di una iniziativa così importante perchè il tempo della riflessione, che cozza sull’aggiornamento continuo drammatico e tragico di questi mesi, non deve essere dimenticato, anzi. Giovanni Giacopuzzi, fra gli organizzatori di questa iniziativa, pubblica qui il suo intervento introduttivo. Un quadro che riassume la complessità di una vicenda sempre più intricata da interessi della geopolitica e che mette l’accento sulla proposta di un metodo alternativo. (Angelo Miotto)
Le guerre civili siriane 2011-2024
Sull’onda delle cosidette “primavere arbe” a partire dal 2011 la Siria è stata teatro di una cruenta e devastante guerra civile. Un conflitto che ha visto via via apparire diversi attori divenendo il paradigma della geopolitica liquida, che con la caduta del sistema sovietico ha pervaso il mondo. Forze interne e potenze mondiali hanno “giocato” sulle popolazioni siriane una partita le cui conseguenze ne fanno uno dei conflitti più cruenti del XXI secolo. Le proteste popolari contro il regime di Assad, iniziate nel marzo 2011, hanno visto la rapressiva risposta di Assad e l’entrata in campo di una opposizione armata guidata in gran parte da fazioni ispirate all’islam politico nel sue diverse versioni
“Tredici anni di guerra hanno devastato l’infrastruttura civile ed i servizi della Siria, con gravi conseguenze sull’accesso all’assistenza sanitaria, elettricità, istruzione, trasporti pubblici, acqua e igiene. Secondo l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, oltre 300.000 civili sono stati uccisi tra marzo 2011 e marzo 2021 a causa del conflitto. Il Syrian Observatory for Human Rights (SOHR), un gruppo di monitoraggio con una vasta rete di fonti sul campo, ha documentato le morti di mezzo milione di persone entro marzo 2023. Inoltre, più di 14 milioni di persone sono dovute fuggire dalle proprie case: circa 7.2 milioni sono sfollati interni, altri 6 milioni sono rifugiati o richiedenti asilo all’estero. I paesi confinanti come Libano, Giordania e Turchia hanno faticato ad affrontare una delle più grandi esodi di rifugiati della storia recente. Nel solo anno 2023, la Turchia ha espulso migliaia di siriani verso il nord della Siria, aggiungendo ulteriore pressione ad una situazione di per sé precaria. All’inizio del 2023, l’ONU ha dichiarato che 15,3 milioni di persone all’interno della Siria avevano bisogno di qualche forma di assistenza umanitaria. Nel febbraio 2023, la già grave situazione umanitaria nel nord-ovest del Paese è stata ulteriormente aggravata dal grande terremoto che ha colpito vicino alla città turca di Gaziantep, a circa 80 km dal confine siriano. Entro la metà del 2023, oltre il 90% dei siriani viveva al di sotto della soglia di povertà, almeno 12 milioni non potevano accedere o permettersi cibo di qualità sufficiente e almeno 15 milioni necessitavano di qualche forma di aiuto umanitario per sopravvivere.”
Le guerre siriane, un conflitto internazionale
Nonostante i tentativi di mediazione internazionale a partire dal 2012 ( 8 negoziati di Ginevra (Svizzera), l’ultimo nel novembre 2017; 15 di Astana (Kazakistan), tra Turchia, Iran e Russia dal dicembre 2016 al marzo 2020, e la risoluzione . 2254 del Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite del 2015) interessi contrastanti delle potenze regionali ed internazionali, veti reciproci tra le fazioni siriane in lotta e del Governo siriano; allenze tattiche cambianti e alchimie diplomatiche riflesso delle diatribe geopolitiche globali, il conflitto non ha trovato una soluzione.
Ad alimentare e rendere tuttora esistente il conflitto sono intervenute direttamente le potenze mondiali e dell’area. Russia e Iran a sostegno del regime di Assad in modo diretto a partire dall’autunno 2015; i paesi del Golfo, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti da una parte, Qatar dall’altra, che hanno appoggiato e finanziato fin dal 2012 le centinaia di milizie fondamentaliste; la Turchia di Erdogan (paese membro della NATO) attraverso tre invasioni 2016, 2018, 2019, ha di fatto occupato gran parte del nord della Siria in funzione anti curda, fungendo altresì da “garante” a Ha’yat Tharir al-Sham (HTS) (organizzazione uscita da Al Queda e dal 2018 nella lista delle organizzazione terroriste anche per la Turchia), che controlla gran parte della regione di Idlib; paesi europei, soprattutto Francia e Gran Bretagna e gli Stati Uniti che a partire dal 2015 dopo il “fallimento” del sostegno alle milizie arabe fondamentaliste, in funzione anti Assad, hanno sostenuto, in parte, nell’ambito della cosidetta “coalizione internazionale” le Forze Democratiche Siriane le milizie multietniche guidate dal movimento confederalista curdo della Amministrazione Autonoma (Nord Est della Siria) nella lotta contro l’ISIS.
In questo contesto si sono sviluppati una serie di confliti “intrasiriani” tra le diverse milizie anche schierate nello stesso bando, sia per presunti motivi “teologici” sia per il mero controllo di aree e di potere. Un paradigma di questa complessita sono le organizzazioni tribali, spesso dimenticate nell’analisi delle dinamiche del conflitto, presenti storicamente in Siria che hanno appoggiato in diverse fasi una o l’altra fazione.
Siria 2024
Nel 2024 lo scenario siriano è di una guerra continua di “bassa intensità” con il paese diviso di fatto in quattro aree: quelle controllate da regime di Assad attraverso l’esercito, basi e distaccamenti della Russia, le milizie delle Forze di Difesa Nazionali (FDN), dell’Iran e Hezbollah libanesi; la regione di Idlib sotto il controllo di HTS con il sostegno tacito della Turchia; il Nord del paese divenuto un protettorarto turco gestito militarmente da milizie riunite dell’Esercito Nazionale Siriano (SNA) e dal Governo Interinale Siriano (SIG); e le province della Amministrazione Autonoma Nord Est della Siria (AANES) dove sono presenti basi militari statunitensi. A questo scacchiere si aggiunge il continuo operare di cellule dell’ISIS, sopprattutto nell’area desertica della Siria (138 azioni al luglio 2024), che dopo la caduta di Baghoutz nel marzo 2019 – ultima roccaforte del “califfato” che dal 2013 al 2019 aveva occupato un vasto territorio in SIria e Iraq -, ha potutto operare per la de-escalation dell’attività della “coalizione internazionale” e della Russia e Iran nella lotta contro il movimento takfirista il cui carico maggiore sia in termini di contrasto militare sia di gestione del sistema penale giuridco è della AANES.
Una situazione fluida
Il contesto diplomatico negli ultimi anni ha registrato dei cambiamenti la cui evoluzione potrebbe cambiare lo scenario. La reintegrazione della Siria nella Lega Araba , gli accordi tra Russia, Iran e Turchia con interessi contrastanti, la presenza ondivaga degli Stati Uniti nelle aree della AANES con il pretesto ufficiale della lotta all’ISIS, ma anche per controllare i giacimenti petroliferi presenti nell’area, definiscono una situazione in movimento, nella quale l’escalation dell’irrisolto conflitto coloniale di Israele in Palestina si riverbera, anche militarmente, nel ginepraio siriano. Un evento che potrebbere modificare la situazione attuale sono i tentativi di riavvicinamneto tra il regime siriano di Assad e il governo turco di Erdogan. Dopo la rottura dei rapporti diplomatici nel 2012 con il regime siriano e l’appoggio politico, miltare e logistico a decine di milizie anti Assad, fungendo tra l’altro da porta girevole a migliaia di militanti dell’ISIS che entravano in Siria, il governo Erdogan a partire dal 2022 ha proposto l’apertura di una dialogo con Assad, attraverso la mediazione della Russia di Vladimir Putin e del regime degli ayatollah iraniano.
Le motivazioni della Turchia sono di ordine interno, crisi economica e malessere sociale nei confronti dei circa 3 milioni di riìfugiati siriani, e geopolitico, consolidare il ruolo di potenza regionale avendo tra i suoi obiettivi, disattivare se non distruggere il progetto politico della AANES. Questo possibile riavvicinamento comporterebbe il ritiro della presenza e appoggio alle milizie anti Assad nel nord della Siria, richiesta tassativa del regime di Assad, con l’obiettivo di reimpatrio delle centinaia di migliaia di rifugiati siriani e il consegunte cambiamento etnico della regione (se non di pulizia etnica come sta avvenendo nella regione di Afrin, che faceva parte della AANES; qui dopo l’invasione turco jihadista del 2018 c’è stata la fuga di circa 300 milia abitanti di origine curda che rappresentavano il 95% della popolazione e una “sostituzione etnica” di 400 mila rifugiati arabo siriani e palestinesi, sostenuta dalla Turchia e dal Qatar). Questo possibile accordo tra Assad e Erdogan ha sollevato violente proteste nei territori siriani del protettorato turco come nelle citta di Afrin, Azaz, al-Bab, Marea, Akhtarin, Qabasin. Un punto d’incontro tra i due regimi potrebbe essere applicare l’accordo di Adana del 1998, tuttora in vigore, sottoscritto allora da Assad padre e il governo turco dell’allora premier Mesut Yilmaz, che prevede la possibilita di intervento militare della Turchia per dieci chilometri in territorio siriano in “funzione atiterrorista” intendendo con questo la presenza del movimento curdo.
Amministrazione Autonoma Nord Est della Siria (AANES)
“Speriamo che il mondo ci appoggi per le nostre idee e non per le nostre armi”; Souza, comandante delle milizie cure femminili YPJ, 2016
Dopo le rivolta antiregime del 2011, le organizzazioni curde siriane nelle regioni nord della Siria hanno controllato e governato attraverso un progetto politico plasmato nel Contratto sociale la cui ultima versione è stata approvata nel 2023 e che si ispira al Confederalismo democratico.
Un progetto politico che si propone pluralista, femminista, democratico ed ecologista che non prevede la separazione territoriale, ma una democratizzazione del sistema politico siriano. La AANES nonostante i tentativi di negoziato sia con il regime siriano, che con il governo turco, non ha trovato l’appoggio politico delle potenze regionali ed internazionali, e di fatto è stata esclusa dalle conferenze di pace di Ginevra fin dal 2013 per il, veto di Turchia e USA.
La AANES si trova a fronteggiare le milizie jahidiste e l’esercito turco, il regime di Assad con l’appoggio dell Iran, nonche le cellule dell ISIS che continuano ad operare. La lotta contro l’ISIS che sulla carta trova il sostegno della colaizione internazionale a guida statunitense e di Russia e Iran in realta è in gran parte a carico della AANES che si trova gestire i circa 10 mila detenuti accusati di appartenenza al movimneto takfirista, originari di diversi paesi, nonche delle decine di migliaia di loro familie in campi di detenzione la cui situazione umanitaria è drammatica.
Nonostante gli appelli della AANES rivolti alla comunita internazionale per istituire processi rispettosi dello stato di diritto nei confronti degli accusati di appartenenza alla ISIS e di sostenere il rimpatrio delle famiglie, poco si è fatto. Il contesto di guerra e le conseguenti problematiche economiche e sociali, l’isolamento imposto dal governbo turco, il regime di Assad e dal KRG la regione autonoma curda a guidata dal PDK (Partito Democratico del Kurdistan) della famiglia Barzani, politicamente legata alla Turcia e Israele, seppur tra difficolta e contraddizioni non hanno impedito di porre le basi per un sistema politico sociale e culturale unico nel suoi genere in medio Oriente. Non mancano problemi di coerenza ed attuazione dei principi stabiliti dal Contratto sociale. Problemi economici strutturali, imposizioni dei principi del confederalismo democratico in zone tradizionaliste e conservatrici, denunce di limitazioni dei diritti politici, limitazioni alla liberta d’informazione, limitazioni nel sistema giudiziario e penale, difficoltà nella governance di aree come Deir ez Zor nel rapporto con alcune comunità tribali vengono denunciate da organizzazioni dei diritti umani trovando solo una parziale disponibilità da parte della AANES ad affrontarli, che si giustifica con l’isolamento politico militare ed economico in cui si trova.
Confederalismo democratico Democrazia diritti umani, pluralismo in Medio Oriente. Bolzano 5-12 ottobre 2024
La proposta di questa Conferenza prosegue il percoso iniziato nel 2016 in provincia Bolzano da parte di associazioni della società civile e confermato dall’approvazione, settembre 2016, del Consiglio provinciale di una mozione di appoggio alla AANES e lo svolgimento di una conferenza internazionale, aprile 2017, promossa dall EURAC sul confederalismo democratico. L’intenzione di questa conferenza è di aprire una finestra su alcune tematiche del progetto politico della AANES – giustizia, pluralismo culturale e religioso, questione di genere -, attraverso interventi che rifuggano da un analisi apologetica, ma che collochino l’esperienza dell’AANES nel contesto dei progetti politici democratici, grandi assenti nel contesto mediorientale, dove i diritti umani nella loro totalità possano essere la base per una società realmente democratica e partecipativa e disattivino la logica sciovinista e guerrafondaia che regola tuttora la geopolitica internazionale. Sarà anche una maniera per richiamare l’attenzione della Provincia di Bolzano nel sostenere questa esperienza unica in Medioriente, dando corso alla risoluzione approvata dall’assemblea provinciale nel settembre 2016 e assumendo un ruolo attivo nel contrastare l’isolamento di cui è oggetto la AANES, per una diplomazia della pace fatta di dialogo, cooperazione economica e sostegno alla giustizia e i diritti umani .