Dall’occupazione dell’Università La Sapienza di Roma un segnale di un’attenta opposizione sociale, mentre l’opposizione politica fatica a ritrovare un linguaggio.
Martedì 25 ottobre son volati manganelli e fermi di polizia, dentro un ateneo, quello della Sapienza, a Roma. Giorgia Meloni incassava il via libera alla Camera e alla facoltà di Scienze Politiche il collettivo di destra Azione Universitaria presentava una conferenza nell’aula XIII, quella inititolata a Massimo D’Antona. Il deputato Fabio Roscani di Fratelli d’Italia è uno degli invitati, insieme a lui Daniele Capezzone di Forza Italia. Il tema: “Il capitalismo – il profilo nascosto del sistema”.
Cosa succede? Un gruppo nutrito di studenti e studentesse manifestano dissenso, infastiditi nel cedere le loro aule per mere passerelle politiche, e, come si dice in gergo, “hanno chiamato la piazza” per ribadire che il capitalismo buono non esiste. L’obiettivo era appendere uno striscione all’esterno della facoltà in segno di protesta. Quello che è accaduto è oramai un fatto di cronaca: urla, manganellate con gente strattonata e trascinata per terra. Fatti che non fanno scalpore: è accaduto, accade oggi e obiettivamente le instabilità politiche danno modo di pensare che sicuramente riaccadrà.
La notizia rimbalza immediatamente sui giornali, in rete, nel web. Ma nel vortice di notizie cui siamo sottoposti tutti i giorni i fatti vengono raccontati con eccessiva velocità: la frenesia della cronaca spesso impedisce di comprendere cosa stia realmente accaduto, con un effetto che distorce e che deforma il significato dei fatti.
Oltre le manganellate e l’occupazione della facoltà di Scienze politiche, per altro già terminata, c’è un mare di idee che ha riacceso gli animi di studenti e studentesse con una visione molto più ampia, a tratti complessa, ma indubbiamente più a sinistra e compatta di quella che è la sinistra istituzionale. Non è un caso che la maggior parte delle persone che abbiamo raggiunto alla Sapienza crede che l’episodio non sia frutto del vento proveniente dal nuovo governo di Giorgia Meloni. “Non è la prima volta che scene del genere accadono”, afferma Maria Chiara, studentessa di Lettere. “Anche l’anno scorso, il 17 novembre durante la giornata internazionale degli studenti, c’è stata una contestazione, finita come questa volta a manganellate”. Maria Chiara racconta anche la repressione subita dagli studenti medi a seguito delle proteste causate dalla scia di morte che si è portata dietro l’alternanza scuola-lavoro: “Queste cose accadano adesso con il governo Meloni ma accadevano anche con quello di Draghi, accadevano soprattutto durante i governi del PD e dei Cinquestelle. Tutti hanno represso gli studenti nella stessa maniera”. Oltre le cariche, infatti, quello che forse ideologicamente pesa di più è la mancanza di un senso di appartenenza comune, il famoso “movimento”, un po’ come è stato l’Onda, se riavvolgiamo il nastro a non troppo tempo fa.
“In presenza di un movimento universitario tutte quelle riforme peggiorative forse non ci sarebbero state – aggiunge Maria Chiara -. Parlo di aziendalizzazione dell’università pubblica, di tasse sempre più alte che scoraggiano le iscrizioni. È anche vero che adesso qualcosa stiamo vivendo in senso di lotta. Lo vediamo non solo con gli studenti ma anche le lotte dei lavoratori, ne è un chiaro esempio la data del 5 novembre a Napoli organizzata dal movimento 7 novembre. Questa assenza si può colmare oggi soltanto cercando di unire e intersecare queste lotte; tutto ciò in futuro può formare un soggetto politico in grado di opporsi non solo al governo in questione ma anche agli altri partiti che oramai già conosciamo”.
La mancanza di riferimento a sinistra sembra essere il vero dilemma insieme al fatto che ampie fette di popolazione non si sentono rappresentate da nessun partito, in tal senso lo spiega bene il tasso di astensionismo alle elezioni sempre più alto. Nelle ultime ore uno studio del Sole24 ore spiega un elemento controverso, ovvero che i partiti di sinistra rappresentano sempre più gli elettori benestanti e non più le fasce basse della popolazione. Nel 1985 il 71% tra studenti e operai votava a sinistra, oggi quest’ordine si è ribaltato.
Cosa significa un’altra università?
È importante andare a fondo nella mobilitazione degli studenti per capire cosa davvero c’è alla base. Emblematico è dunque lo striscione attaccato per due giorni all’interno della Sapienza occupata, che semplicemente citava: “un’altra Università”. Cosa significa questo testo dietro le righe?
Continua Maria Chiara: “Le problematiche che viviamo come studenti ogni giorno sono le ricadute del processo di aziendalizzazione dell’Università. Abbiamo atenei che funzionano come aziende che devono rientrare nei bilanci e fare profitto; questa cosa la vediamo banalmente con l’inserimento di grosse aziende private che orientano i nostri programmi, la nostra didattica. Alla Sapienza abbiamo attori come Eni o Leonardo che sono all’interno dei processi decisionali per quanto riguarda la ricerca, la didattica”.
Non è infatti un caso che aziende simili finanzino gli atenei italiani per accordi di borse di studio, corsi di laurea e collaborazioni. Nel 2018 fu Greenpeace a chiedere accesso agli atti che riguardavano i finanziamenti dei privati agli atenei: la risposta fu deludente in quanto pochissime università hanno collaborato con l’iniziativa, quelle che hanno risposto positivamente alla richiesta hanno invece oscurato parte dei documenti. La risposta di Eni al tempo è stata emblematica: “Questo tipo di informazioni non riguardano i temi di dibattito pubblico”.
“Queste aziende le vediamo invischiate nella crisi climatica o negli scenari di guerra ,come la Leonardo che è uno dei principali attori nell’esportazione di armi; come possiamo fidarci?”, si chiede Maria Chiara.
Per ritornare allo striscione quindi ecco cosa c’è dietro le righe di quello che può apparire uno slogan: un’altra università intesa come luogo di appartenenza degli studenti, in cui tutti possano sentirsi attori protagonisti piuttosto che matricole sborsa tasse. Ecco perché l’episodio della Sapienza può rilanciare l’autunno caldo fatto di mobilitazioni. Daniele, studente di Storia all’Università La Sapienza di Roma, spiega: “Rivedere tantissime persone all’interno dell’università, partecipare e dialogare dal vivo è stata una sensazione fantastica, non accadeva da tempo. L’occupazione è nata spontaneamente, c’era una marea di persone che una volta entrate all’interno della facoltà hanno iniziato ad urlare: “occupiamo”. Non ci sono state assemblee, nulla era stato programmato. All’interno dell’aula magna più che discutere sull’episodio delle manganellate abbiamo ricordato le lotte di altri attori in campo come i lavoratori della GKN di Firenze o le rivendicazioni del movimento dei disoccupati 7 novembre di Napoli”.
Insomma, all’esterno delle mura istituzionali sembra esserci una fetta eterogena di persone che vuole unire rivendicazioni che il centro sinistra di opposizione non riesce più ad incarnare. La sensazione che tanti attori sprovvisti di un partito di riferimento inizino a organizzarsi da soli è forte. Solo il tempo ci dirà se quest’episodio della Sapienza sarà la miccia per un nuovo autunno caldo.