Nella notte tra giovedì e venerdì a Bolzano un ragazzo di 19 anni è morto assiderato. Veniva dall’Egitto ed era arrivato nel capoluogo altoatesino mercoledì scorso. Un articolo pubblicato dal portale di informazione salto.bz riporta che il giovane era in lista di attesa per un posto letto in dormitorio insieme ad altre 170 persone. La morte del giovane, avvenuta in una fredda notte di dicembre nell’estrema periferia di Bolzano Sud, ha scosso buona parte dell’opinione pubblica e ha costretto le istituzioni ad aprire gli occhi e a misurarsi con il problema delle persone che loro malgrado sono costrette in strada.

Provincia e Comune di Bolzano hanno reagito cospargendosi il capo di cenere, scaricandosi reciprocamente il fardello delle responsabilità e mettendo in campo alcune misure emergenziali e soluzioni tampone: il presidente della Provincia Autonoma di Bolzano Arno Kompatscher ha annunciato che riapriranno alcuni CAS (Centri di accoglienza straordinaria), verranno aggiunti alcuni posti letto nel “dormitorio” di emergenza “Alimarket” e nei prossimi giorni la Provincia siglerà un’intesa con gli altri comuni del territorio per l’incremento di ulteriori 150 posti letto. Ci è voluta la morte di una persona per far sì che le istituzioni si accorgessero del problema.

La situazione per le persone in strada, infatti, è da anni la medesima e a un problema di ordine strutturale le istituzioni hanno risposto finora sempre e solo con misure straordinarie, che non incidono per nulla e – lo si è notato negli anni – non risolvono la questione nel lungo periodo.

Il quotidiano Alto Adige riporta oggi in prima pagina un virgolettato del sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi, che giudica inaccettabile una morte del genere. Difficile non essere d’accordo con lui, ma seguendo da tempo le politiche messe in campo dall’amministrazione comunale per le persone senza dimora e senza tetto è doveroso sottolineare che questa morte è in parte figlia delle politiche dell’amministrazione comunale che da diversi anni ormai combatte il fenomeno dei senza dimora con gli sgomberi, il Daspo urbano, l’assenza di un centro diurno per le persone extra-UE, la “guerra al degrado” e la conseguente marginalizzazione delle persone nelle periferie della città. È questo approccio che va rivisto, insieme all’esclusività provinciale che differenzia tra i*le richiedenti asilo che arrivano dal Mediterraneo e quelli che invece giungono in Alto Adige autonomamente seguendo altre rotte (il decreto legislativo n. 142/2015 prevede che le misure di accoglienza vadano applicate a partire dalla manifestazione della volontà di chiedere protezione internazionale).

Questi sono alcuni degli aspetti che contribuiscono ad alimentare l’enorme e disturbante contraddizione del nostro territorio e di Bolzano – seconda città d’Italia per qualità della vita secondo Il Sole 24 Ore – che in questi giorni da un lato ha spalancato le porte per accogliere migliaia di turisti e il consumo più sfrenato e dall’altra costringe da anni centinaia di persone a vivere e dormire all’addiaccio anche quando le temperature scendono sotto lo zero. In queste condizioni la morte del 19enne non è una fatalità o, come ha titolato sabato il “Dolomiten”, solo “semplicemente infinitamente triste”, ma una diretta conseguenza della visione, delle politiche e delle azioni discriminatorie ed escludenti che l’Alto Adige attua da anni in materia di asilo e nell’accoglienza delle persone senza tetto e senza dimora.