Immaginate che una ministra, il giorno in cui si approva una legge chiamata Legge Trans, dica in Parlamento che chiede scusa alla comunità LGTBQ+ perché il percorso e il dibattito di quella legge hanno causato discorsi d’odio sui social.
Non siamo in Italia, come avete capito, ma in Spagna, dove negli ultimi anni la maggioranza socialisti e Unid@s Podemos — a suo volta una fusione fra Podemos e Izquierda Unida — è riuscita a mettere a segno politiche davvero progressiste sui diritti sociali e civili, dove peraltro già Zapatero aveva lavorato in profondità.
Ma torniamo a casa nostra: vogliamo parlare della carriera alias, che interessa e riguarda tante persone che per esempio a scuola, o all’università, vogliono farsi chiamare con il nome che hanno scelto per la propria identità.
Parrebbe una cosa semplice, ma non lo è, anche se solo a Milano c’è una lista di istituti di educazione secondaria che riconosce l’alias, che a sua volta ha delle regole. Ma quello che si evince da qualche ricerca e intervista è che a livello nazionale non c’è una norma comune e tutto viene demandato all’autonomia dei singoli istituti, come l’acquisto della carta delle fotocopie.
Enea in un video qui sotto ci racconta le difficoltà, la burocrazia, i passaggi, anche grotteschi, per riuscire ad avere il suo nome sul registro di scuola. Aggiungiamo un altro dato: in alcune scuole sono addirittura le società che gestiscono i registri elettronici che oppongono resistenza.
Mentre lo ascoltavo, la domanda che si formava sulle labbra è quella più diretta: ma perché si deve passare da quel percorso? E, allargando il campo, cosa succede?
È qui che torna in campo la Spagna di Pedro Sanchez, e di Irene Montero ministra del dicastero dedicato all’Uguaglianza. Il 17 febbraio del 2023, infatti, la Spagna ha approvato quella che è stata chiamata la Ley Trans. Il governo ha posto con questa vittoria il Paese fra i pochi che prevedono l’autodeterminazione di genere con passaggi semplici e senza il passaggio medico, ormonale, psichiatrico.
Andiamo a vedere alcuni passaggi della nuova legge.
Eliminazione delle valutazioni ormonali, psicologiche e mediche obbligatorie
I minorenni possono cambiare il proprio nome all’anagrafe secondo il genere con cui si identificano. I minori trans, che abbiano avviato o meno il procedimento di rettifica della menzione relativa al sesso, possono richiedere il cambio del proprio nome all’anagrafe per motivi di identità sessuale (art. 43). Hanno altresì il diritto di essere trattati secondo tale nominativo in tutte le attività svolte in ambito educativo (art. 55).
Il punto centrale del testo è l’eliminazione della terapia ormonale obbligatoria e delle valutazioni medico-psicologiche come requisiti per chi richiede il cambio di sesso all’anagrafe.
Autodeterminazione di genere per le persone di età superiore ai 16 anni. Ora il cambio di sesso all’anagrafe può essere autorizzato solo con la volontà liberamente espressa del richiedente se ha più di 16 anni, senza necessità di presentare referti medici o psicologici che dimostrino la disforia di genere, né di essere in un processo di trattamento ormonale o hanno subito operazioni per modificare l’aspetto.
I minori di età compresa tra i 14 e i 16 anni possono cambiare sesso all’anagrafe con il consenso dei genitori. I minori tra i 12 ei 14 anni avranno bisogno di un’autorizzazione giudiziaria. Da parte loro, i minori di età compresa tra i 12 ei 14 anni avranno bisogno di un’autorizzazione giudiziaria. Questo aspetto ha provocato un confronto tra i partner di governo.
I bambini di età inferiore ai 12 anni non potranno cambiare sesso in anagrafe, ma il loro nome può essere cambiato sul DNI, cioè la carta di identità.
La legge spagnola ha posto anche un punto di attenzione sulla violenza machista.
Gli uomini che cambiano sesso — è scritto nella legge — non eluderanno le condanne per violenza sessista, poiché gli obblighi legali che ogni persona aveva prima di rettificare il proprio sesso saranno mantenuti.
La modificazione genitale dei bambini intersessuali di età inferiore ai 12 anni è vietata
Ci fermiamo qui, il testo della legge è in rete e il campo di attuazione è molto ampio.
Allora, come si fa per ottenere la carriera alias?
Andiamolo a chiedere direttamente a chi è riuscito a ottenerla. La storia è quella di Enea, studente di un liceo scientifico milanese, che adotta l’alias, ma stringe accordi di non diffusione per evitare polemiche — e non serve commentare -.
E poi la preside del Liceo Artistico Brera di Milano, Emilia Ametrano. La incontro nella sede di via Hajeck. È una dirigente di esperienza, ne ha viste tante e soprattutto in città che non hanno standard ‘milanesi’. Vado da lei perché il Brera è stata la prima scuola ad adottare all’unanimità in Consiglio di istituto la carriera Alias. Cosa di cui la preside va particolarmente fiera. Emilia Ametrano è una donna dalla lunga esperienza nell’amministrare istituti, non solo a Milano, ma in diverse parti del Paese e anche all’estero.
Il Liceo Brera è stato uno dei primi a votare all’unanimità la carriera alias e a creare la grafica per i bagni neutri, laddove, come sentirete, troppo spesso nelle scuole italiane il problema non è che simbolo mettere sui bagni, ma averli funzionanti, ahimé.
Questo articolo fa parte dei materiali del Festival dei Diritti Umani 2023, di cui Q CODE è mediapartner.