Sono passati due anni da quando la Russia ha invaso l’Ucraina su vasta scala. Come hanno imparato gli ucraini a vivere sotto i continui attacchi e cosa è cambiato dal 2022?
Una piccola borsa femminile: portafoglio, passaporto, tesserino da giornalista, balsamo labbra, spazzola per capelli, antidolorifici, tourniquet.
«Pesa come se ci avessi messo una pistola», scherza il mio amico dopo aver sollevato la borsa.
E proprio lui, il soldato, tornato per qualche giorno in licenza, aveva insistito perché avessi sempre il tourniquet con me.
«Se non potrai utilizzarlo tu, forse nei dintorni si potrebbe trovare qualcuno che potrà».
Agosto 2023. Una giornata piena di sole. Io e lui siamo seduti su una panchina nel centro di Kropyvnyc’kyj, una città situata nel cuore dell’Ucraina che conosciamo fin dall’infanzia e che sembra non essere cambiata affatto rispetto a dieci anni fa. Ma in fondo, cambiata lo è. Almeno perché, fino a poco fa, il tourniquet non era l’oggetto essenziale di ogni borsa.
Febbraio 2022
Tutti aspettavano qualcosa di spaventoso, ma, al contempo, tutti speravano che nulla accadesse. Il mattino del 24 febbraio 2022, alle 4.30 circa, è iniziato qui, con il rombo degli aerei militari, che, come uno sciame al suono della sirena, si sono levati in volo dall’aeroporto militare a qualche chilometro dalla città.
«Ma guarda, sei fin troppo esasperante». «Probabilmente saranno semplicemente dei camion». Ho iniziato a calmarmi da sola ma in quel momento è suonato il telefono.
Era la chiamata di mio padre: «Stanno bombardando Kyiv. È iniziata la guerra».
Allora per qualche giorno non capivamo cosa aspettarci dalla sirena d’allarme. Per qualche motivo credevo che gli aerei nemici potessero arrivare fino alla città e sganciare una bomba proprio sopra di essa. Invece non è stato cosi: i razzi che volano per le nostre città vengono sganciati dagli aerei sul territorio russo o sui territori occupati. Penetrare con un aereo fino all’interno del Paese è impossibile, li abbatterebbero sicuramente! Dunque ora, ogni volta che sento il rombo di un caccia, penso: «Sono i nostri, volano per salvare qualcuno», e questo pensiero mi fa sentire meglio. Di fatto la mia città è stata fortunata. L’infrastruttura civile non è stata praticamente colpita dagli attacchi missilistici.
Estate 2023
Proprio nel centro della città, nel parco, stanno costruendo un McDonald’s. Per molti cittadini il ristorante è un simbolo di successo della propria città e la sua costruzione è stata reputata come un evento di dimensioni cosmiche, nonostante sia stato sradicato parzialmente il parco. Con l’invasione su vasta scala, i lavori si saranno fermati soltanto per qualche mese.
«Guarda, la prossima volta che torni in ferie, ti aspetterà un Big Tasty», scrivo io al mio amico al fronte, e lui mi risponde con una emoticon sorridente.
La città è diventata ancora più affollata: una parte di coloro che erano fuggiti i primi giorni di guerra sono tornati e, ad essi, si sono aggiunte le persone provenienti dalle città confinanti con il fronte. Sulle strade c’è il traffico. Qualche ristorante nuovo è stato aperto. Una designer locale ora unisce il suo lavoro creativo con quello del volontariato. Dopo una giornata di lavoro, inizia il suo “turno serale” in un garage, dove, insieme ai parenti e amici, smista le medicine mandate dagli amici dall’Italia. Tra le sue mani sono passate tonnellate di medicine mandate al fronte.
All’inizio io dormivo completamente vestita, col pensiero di dover subito correre al rifugio. Poi ho iniziato a dormire con il pigiama messo sopra la biancheria, così che potessi vestirmi rapidamente, per poi passare a dormire con il solo pigiama, dal momento che non ho alcuna intenzione di correre da nessuna parte e se dovessi essere sepolta dalle macerie, non avrà alcuna importanza come mi troveranno, vestita o meno.
Prima al suono della sirena si andava in un rifugio — seppur simbolico — dove ci sono due mura. Ora, ad ogni sirena d’allarme, si aprono i canali Telegram che ti informano su cosa sta avvenendo: è decollato un MIG (l’aereo da caccia russo, n.d.t), dunque la sirena durerà a lungo. Spesso il Mig si alza in volo di giorno, proprio quando i bambini dell’asilo hanno il riposino pomeridiano. Ogni volta che decolla alla mia collega viene il tic nervoso, preoccupata del fatto che a casa l’aspetterà un bambino che, sicuramente, non avrà dormito e, di conseguenza, farà i capricci.
I droni nemici “Shahed” volano perlopiù di notte. Il pericolo maggiore arriva dai missili balistici. Sono veloci e imprevedibili e il sistema antiaereo non sempre riesce ad intercettarli e, a volte, arrivano persino in contemporanea con l’attivazione della sirena. Se fanno in tempo ad abbatterli, si propagano delle schegge che sono assai pericolose. Dunque, quando stanno arrivando i missili balistici è meglio non girovagare per strade e non sostare vicino alle finestre. Se un missile balistico cade nel cortile si crea un cratere profondo 4 metri. Se dovesse colpire un palazzo, due mura non saranno d’aiuto.
Autunno 2023
L’autunno del 2023 è particolare. All’autunno ci si preparava.
Dapprima, l’autunno per me era il periodo fatto di pasticceria profumata e di casa dove amo rintanarmi. Ora, in tutta la casa sono sparse torce, un pacchetto di pile e delle candele messe qui ancora dall’anno scorso.
Sacco a pelo, felpa, e leggins caldi. Un serbatoio con dell’acqua non potabile e qualche bottiglia con quella potabile è un “must have”. Quando manca la corrente, la caldaia smette di funzionare e spesso manca anche l’acqua perché la pompa elettrica si arresta. Bisogna essere pronti a tutto.
«Non vorrei spaventarti, ma la tua macchina ha il pieno?», mi chiede il mio amico ogni volta che nei notiziari si parla di una nuova possibile avanzata su Kyiv o del movimento di truppe dalla direzione della Bielorussia. La macchina deve avere il pieno, meglio ancora se si ha una tanica di riserva. A febbraio del 2022 era proprio la benzina il prodotto che scarseggiava di più.
Quest’anno per la prima volta mi sono messa al volante. Sebbene avessi ottenuto la patente di guida qualche anno prima, ero troppo insicura di me. A che serve comprare e guidare un’auto se si può sempre chiamare un taxi o chiedere l’aiuto a qualche amico. Pensavo io. Il febbraio dell’invasione su vasta scala ha cambiato tutto. Ora l’auto non è più un lusso o un capriccio, ma è una vera e propria necessità. Ad oggi centinaia di donne hanno iniziato ad imparare a guidare per lo stesso motivo: al fine di poter mettersi al volante e salvare i propri cari, sbrigare semplici commissioni quotidiane quando prima venivano aiutate dagli uomini che ora si trovano a centinaia di chilometri. Io, pertanto, mi costringo a mettermi al volante, a fare il pieno con il carburante costoso, semplicemente per guidare e praticare le mie abilità di guida.
I timori di un autunno buio e freddo non si sono avverati. Ma le candele, le torce e i powerbank sono comunque carichi.
Una domenica mattina di gennaio, quando fuori dalla finestra cade la neve, ho già tanta voglia di scegliere i vestiti in vista della primavera. Vorrei superare il prima possibile il periodo di gennaio-febbraio che comunque ricorda l’inverno di due anni fa. Sfoglio a lungo le pagine dei negozi online, trovo dei pantaloni perfetti in velluto a coste di un colore marrone chiaro, penso se abbinarci un maglione. Sì o no? Sì o no? Fuori dalla finestra sento un rumore ormai famigliare: l’aereo o il razzo. Molti ucraini affermano di essere capaci di distinguere cosa stia volando, ma io no. Immediatamente dopo il suono, scatta la sirena e quasi subito si sente l’esplosione. Ciò vuol dire che era un missile balistico: troppo veloce, supera il sistema d’allarme e a volte anche la contraerea.
«Come stai?» «Normale.» Questa ormai è la mia chat quotidiana con il mio amico. Dalla primavera lui si trova nella regione di Donetsk, in una delle zone attualmente più “calde”.
Non è mio fratello, né mio padre, né mio marito. Ma la mia sensazione è come se in guerra fosse andata una parte della mia infanzia. Quale sia la routine che vivono i suoi cari non lo riesco nemmeno ad immaginare…
A causa dell’invasione su vasta scala la città sa come vivere nella paura. Qualcuno vive con la paura per se stessi e per i propri cari che sono al fronte, mentre, qualcuno, invece, ha paura di ricevere la lettera di mobilitazione. Specialmente dopo l’annunciato disegno di legge sulle modifiche di procedura di mobilitazione.
Al contempo, sembra che i resti del buon senso siano rimasti appesi sulla ghirlanda natalizia di casa. A causa della guerra le vetrine della maggior parte dei locali in città non sono state addobbate, non è stato messo l’albero principale, però hanno messo qualche abete vero. A fianco al municipio hanno sistemato piccole casette di legno con i mercatini di Natale, dove vendono dei semplici dolci e vin brulé. È proprio ai piedi delle bandiere dell’Ucraina e della regione che, di norma, vengono abbassate nei giorni di lutto. Forse si pensava, in buona fede, che durante le festività non ce ne sarebbero stati. Eppure il 29 dicembre, dopo il bombardamento più massiccio dell’infrastruttura civile ucraina, il mercatino festivo con le bandiere abbassate a causa del lutto, sembrava puramente surreale.
In città ogni giorno ci sono i funerali dei militari che si celebrano con tutte le onorificenze al cimitero e in città la gente discute se si dovrebbero farle nella piazza centrale per attirare più attenzione dei civili, di coloro che sono seduti nei caffè vicini.
Apro il mio Instagram, i primi cerchietti con le storie che mi appaiono mi rimandano a due ragazze. Entrambe si chiamano Maria. Entrambe sono giovani. Entrambe sono vedove. La prima è vedova da due settimane. E pensare che a novembre, insieme al sostegno di tutto il mondo, raccoglievamo, per suo marito, dei soldi per il drone, ed ecco che proprio prima di capodanno la tragedia è avvenuta. La seconda è diventata vedova nel 2014. Suo marito è morto difendendo l’aeroporto di Donetsk. Nel 2022 lei è diventata orfana con la perdita al fronte di suo padre. Ora ha un fidanzato. Per ora non è stato mobilitato.
La società diventa sempre più diversificata, dividendosi tra coloro che sono da due anni nelle trincee e tra quelli che aspettano qualcuno dal fronte o che hanno perso i cari, senza trascurare coloro che hanno perso la casa e che hanno superato l’occupazione, e coloro, ancora, che tutto questo orrore l’hanno superato con un leggero spavento e al massimo avranno sentito il fischio dei missili. Gli ultimi, a sua volta, si dividono in alcune categorie: gli uni vogliono credere che la guerra non li raggiunga, perché non sono stati procreati per la guerra, gli altri, al contrario, hanno semplicemente accettato cercando di vivere la propria vita da qualche parte tra gli attacchi e le brutte notizie.
Qualcuno ha il coraggio di mettere al mondo figli. Per qualcuno sono un dono molto atteso, per altri la decisione ha a che fare con il fatto che non c’è più tempo di rimandare per diventare genitori perché domani l’amato potrebbe non esserci più, per gli altri, ancora, è un motivo valido per non essere mobilitati, dal momento coloro che hanno tre figli possono posticipare la mobilitazione.
Voi sapete come applicare correttamente il tourniquet per fermare il sangue?
Il tourniquet è un nastro di tessuto rigido con il velcro e un apposito perno di plastica. È un oggetto che vi può servire nel caso di una ferita grave. Nel caso di una forte emorragia sul braccio o sulla gamba grazie al tourniquet voi potete prestare il primo soccorso medico a voi stessi o a qualcuno.
Il tourniquet va applicato al di sopra della ferita, bisogna stringerlo forte e poi fissarlo, ruotando il perno di plastica. Applicare il tourniquet su stessi è molto doloroso. Percepisci fisicamente l’intorpidimento della mano che perde la sensibilità.
«Se ve lo applicate da soli, bisogna stringere il perno fino al primo “aue” più altri due giri. Se lo applicate ad una persona svenuta, servono due-tre giri», ci dice l’istruttore. Se durante l’emorragia il tourniquet viene applicato in maniera scorretta o troppo a lungo c’è il rischio di perdere l’arto. Ma durante la guerra vige il principio: la salute o la vita. Dovendo scegliere tra rimanere senza braccio o dissanguarsi, scegli il primo.
In molte città vengono fatti i corsi per i civili. Gli istruttori insegnano come prestare il primo soccorso medico, le conoscenze basilari sulla balistica e il maneggio delle armi. Non c’è una fila di volenterosi al corso. La gente è stanca. La gente vuole dimenticare che è in corso una guerra, e non imparare ad introdurre il tubo nasofaringeo. Temo che questo possa farci un brutto scherzo.
Spero davvero che il tourniquet non mi debba mai servire. Ma non sai mai quando la tua città possa essere colpita da un razzo. Quindi, per ora, lo porto semplicemente dentro la borsa. Anche quando passo alla mia caffetteria preferita.