5 Novembre 2020
Un recente studio della Fondazione Giuseppe Di Vittorio esamina la drammatica questione salariale in Italia
Nell’epoca che sogna e celebra la figura dell’imprenditore, “salario” sembra quasi una brutta parola. Sa di lavoro dipendente, di prestazioni che non soddisfano il manager o il padrone; sa di quello che vorremmo non ci toccasse. Oppure sa dei sacrifici che compiamo ogni giorno, ora più che mai: la fatica mentale e fisica, la difficoltà di conciliare orari e vita privata, la precarietà, la pressione a fare sempre di più per vincere nella lotta quotidiana tra sommersi e salvati. Dipende dalla parte della barricata in cui si finisce.
“La questione salariale in Italia – Un confronto con le maggiori economie dell’Eurozona”, è il rapporto pubblicato il 4 novembre 2020 dalla Fondazine Di Vittorio, realizzato da Nicolò Giangrande. Tra numeri, grafici e tabelle, la lettura del documento restituisce un quadro estremamente preoccupante: non solo l’Italia non ha recuperato i livelli pre-crisi del 2008 a livello salariale, ma il Paese si posiziona assai indietro rispetto a Germania, Francia, Belgio, Paesi Bassi, facendo appena poco meglio solo della Spagna.
Colpa dei lavoratori salariati, troppo pigri per trainare col loro sforzo la crescita del Paese? No. Evidenziando unicamente i punti salienti del rapporto – per altro pienamente coerenti con tanti studi sul tema, anche provenienti da insospettabili istituzioni mainstream come l’OCSE – possiamo annotare le seguenti considerazioni:
Il rapporto è disponibile a questo link, insieme al commento del Direttore della Fondazione Fulvio Fammoni.