27 Agosto 2021
Angelo Del Boca è stato uno storico, giornalista e scrittore italiano, tra i maggiori studiosi del colonialismo italiano. È mancato il 6 luglio 2021. Il ricordo di Claudio Mazzolani.
Questo vuole essere il mio omaggio a un grande personaggio, un partigiano che mai ha cessato di esserlo e fino alla fine. Ho avuto l’onore e la fortuna che mi concedesse la sua amicizia. Sentirlo raccontare e parlare era da rimanere incantati. La sua vita è si descritta in due autobiografie, consiglio di leggerla, ma certi aspetti e fatti uscivano solo parlando. Quanto ha fatto e di poco conosciuto, oltre al molto conosciuto, per mantenere fede alla sua “scelta” di essere partigiano per sempre è quasi da fantascienza. Grazie Angelo, quello che ci hai lasciato non verrà dimenticato. Quella che segue è la prefazione al libro «Viaggio nella luna» e racconta il primo folgorante incontro che ho avuto.
“A volte, da fatti casuali possono nascere davvero grandi cose. Soprattutto quando tali fatti vengono ad assumere it carattere di vere e proprie folgorazioni.
Conoscevo Angelo Del Boca come il più importante e documentato storico sul colonialismo italiano e quindi, dopo aver letto la sua ultima fatica, Italiani brava gente, avevo pensato di invitarlo a Imola per una presentazione, nell’ambito del ciclo di incontri che organizziamo regolarmente come Circolo Studi Sociali “Enrico Malatesta”. La sua visione non retorica ma sapientemente critica del nostro “imperialismo straccione” (tanto di quello dell’Italia liberale, quanto di quello fascista) sarebbe certamente stata accolta con interesse dal numeroso e partecipe pubblico presente ai nostri incontri. Pur apprezzando la proposta, Angelo Del Boca, con quella cortesia che avrei poi imparato a conoscere ed apprezzare sempre più, si trovava costretto a declinare l’invito, giustificando tale rinuncia con l’incalzare di una età, sicuramente non più tanto verde.
Ma ecco, parlando del nostro Circolo e degli anarchici imolesi, la rivelazione: “Mi dispiace particolarmente di non poter venire anche perché ho grande rispetto nei confronti degli anarchici… durante la guerra partigiana sono stato ufficiale di Emilio Canzi, unico comandante della XIII zona, e ne conservo un ricordo straordinario”.
Proprio in quei giorni era uscito, pubblicato da “A-Rivista Anarchica”, un inserto dedicato al “Colonnello anarchico” citato da Del Boca, quell’Emilio Canzi, anarchico, antifascista, combattente in Spagna a difesa della rivoluzione, che fra il 1943 e il 1945 comandò, con grande sapienza tattica e altrettanta generosa umanità, le forze partigiane di tutto il Piacentino. Una figura tanto straordinaria quanto scomoda, nella sua assoluta indipendenza intellettuale. Scomoda, decisamente, anche per quell’ordine che stava cominciando a subentrare al precedente. Non a caso morì nella sua Piacenza in circostanze “misteriose” pochi giorni dopo la Liberazione, e infatti anche Del Boca non manca di rammentarmi: “… e si ricordi, l’hanno ucciso. Non ha avuto un malore, l’avevo visto pochi giorni prima e stava bene” (*). E qui, che accanto allo storico, allo studioso, si affianca ancora il partigiano, con tutte le sue passioni e i suoi sentimenti. Perché, come lui stesso vuole ricordarmi, “se partigiani lo si è per scelta, partigiani lo si è per sempre”.
Naturalmente queste sue confidenze, accompagnate da tanta cordialità, non potevano restare senza risposta, e comincio a ragionare su come rendere fertile e produttiva questa nuova, inaspettata comunanza di interessi culturali e tensioni ideali. Dopo una full immersion nei suoi testi di storia e la frenetica lettura della sua autobiografia (non mi è stato poi così difficile trovare, presso qualche libraio antiquario, anche se le sue opere più lontane nel tempo), la decisione: devo avere una sua testimonianza diretta, una sua riflessione accompagnata ai ricordi, sulla guerra partigiana, sugli anarchici da lui conosciuti, su Emilio Canzi.
E quindi si parte. Nell’estate del 2008 ci rechiamo a Crodo, presso il Centro Studi “Ginocchi” che lui ha contribuito a creare e a dirigere, per incontrarlo di persona, io e i due tecnici di ripresa incaricati della esecuzione tecnica della intervista video che abbiamo concordata. Comincia l’intervista, ed è un viaggio affascinante quello per il quale ci conduce, un viaggio che attraversa vite ed esperienze che ai nostri occhi hanno quasi dell’incredibile, per la eccezionalità della fase storica attraversata, per la eccezionalità con la quale si è saputa affrontare tale fase, sempre drammatica, a volte tragica, ma sempre conservando la propria dignitosa umanità.
Nel congedarci mi chiede se ho quello che lui ritiene essere il suo scritto migliore, un racconto, Viaggio nella luna. Dopo averlo letto, il progetto che mi sta a cuore, e non poteva che essere cosi, assume altre dimensioni: con il suo generoso consenso, ripubblicare il racconto corredato dalle preziose illustrazioni dell’artista e caro amico Fulvio Fusella. A fianco l’intervista, ma non più soltanto quella iniziale pensata come semplice testimonianza da depositare presso l’Archivio Storico della Federazione Anarchica Italiana, ma qualcosa, di più, di più completo, qualcosa che potesse riportare alla luce, da quella miniera che è stata la vita di Del Boca, tutto il suo materiale prezioso.
Da poco Carlo Lucarelli aveva pubblicato, in uno dei suoi più riusciti romanzi, una avvincente ricostruzione dei drammatici giorni di Adua (L’ottava vibrazione, Einaudi, 2008) sicuramente e necessariamente documentandosi soprattutto sui libri di Del Boca. La narrazione dell’atmosfera cupa e sensuale di quelle torride giornate sul Mar Rosso e sugli altopiani etiopi, riflette, in modo speculare, la profondità e la precisione con la quale lo storico Del Boca ha saputo narrare, con un altro registro, gli stessi avvenimenti. Per questa evidente affinità, mi sembra dunque la persona più indicata per condurre, con la maggior cognizione di causa, l’intervista. Evidentemente anche Carlo deve pensarla così e infatti non c’è bisogno di convincerlo, si parte e il risultato è qui, sotto i nostri occhi, straordinario come altrimenti non poteva che essere”.
(*) ad essere onesti non è che me lo disse, me lo urlò con rabbia.
Post Scriptum
Col tempo siamo diventati amici, o meglio mi onora della sua amicizia. Ora scriverei ben altro, nella introduzione a «Viaggio nella luna». Inizio col dire che è tra i primi suoi scritti e racconta sì di partigiani ma sopratutto è letteralmente un viaggio che lo porta a sfiorare la follia. Rimane attardato dal suo gruppo e deve ricongiungersi. Sembra un viaggio di mesi, anni. In realtà sono pochi giorni. Aveva 20 anni ed era il comandante del gruppo scelto del XII zona.
Era stato addestrato a Genzevag in Germania con parte della divisione Monterosa: era il campo di addestramento dei corpi speciali tedeschi. Ne escono addestratissimi e armatissimi. Come e perché era lì, come e perché poi è finito partigiano ve lo lascio scoprire da soli. Qui vi invito a leggere la sua biografia «Il mio Novecento» (Neri Pozza, 2008). Altro che le avventure di Salgari. La sua vita è stata tutta una avventura. Lui ha vissuto la storia, anzi, le storie. Nei primi anni ’60, con i suoi vecchi compagni e altri, pensa di ritornare sui monti. Poi altre e infinite avventure. Un giorno riceve una telefonata e, la faccio breve, Tito lo aveva insignito di una delle massime onorificenze della Jugoslavia. Lui non lo conosceva e con la Jugoslavia non ci aveva a che fare. Aveva solo scritto un articolo, in epoca non sospetta, dove raccontava che la vulgata patriottarda e di destra sulle foibe era una bufala. E qui la lettura di «Italiani, brava gente?» (Neri Pozza, 2005) è doverosa.
Il 23 maggio aveva compiuto 91 anni. Ancora oggi, in Etiopia, viene considerato alla stregua di un eroe. Nel 2014 l’Etiopia laurea Angelo Del Boca “honoris causa” per gli studi sul colonialismo: unico europeo a riceverlo, è stato insignito per il suo decisivo contributo alla ricostruzione delle responsabilità del fascismo nello sterminio delle popolazioni libiche ed etiopiche.
Sulla Libia e Gheddafi ha sempre detto, fin dal primo giorno e maledicendo Bernard-Henri Levy (la considerazione che ha per questo bel fighetto non può essere scritta, è turpiloquio allo stato puro) per quello che da Bengasi scriveva per fomentare la guerra: «La sua fine, voluta da Sarkozy, è stata salutata in modo incauto come una svolta positiva per il Nord Africa: è accaduto l’opposto e stiamo pagando le conseguenze di una instabilità politica terribile».
Le sue conoscenze erano incredibili. Il Centro di documentazione Del Boca-Fekini (CDDF) nasce nel 2005 dalla volontà dello scrittore e storico Angelo Del Boca di creare un polo in cui concentrare il risultato delle proprie ricerche e di offrire gli strumenti per far progredire gli studi sulla storia moderna e contemporanea dell’Africa e del Medio Oriente. L’incontro con Anwar Fekini, nipote di Mohamed Fekini (1858-1950), uno degli eroi della resistenza libica all’occupazione italiana, ha contribuito alla realizzazione del Centro di documentazione Del Boca-Fekini.
Anwar Fekini, avvocato internazionalista, si occupa di cause a livello planetario, Stati contro multinazionali. Capo della Cabila Rogebàn. L’ho conosciuto, assieme a tre suoi cugini. Erano a Crodo alla presentazione del libro «A un passo dalla forca: atrocità e infamie dell’occupazione italiana della Libia nelle memorie del patriota Mohamed Fekini» (Baldini Castoldi Dalai, 2007). E anche qui ci sarebbe da scrivere un “Mahabharata”, nel senso di lungo poema epico.
Mi fermo. A 91 anni, Angelo Del Boca era ancora interpellato come mediatore e massimo conoscitore per quanto riguarda le ex colonie italiane. Sulla Libia posso immaginare che se la linea italiana non è spiccatamente interventista – mi gioco un dente – ma qualche cosa lui c’entrava. Continuava a ripetermi che è il caos più caos che si possa immaginare. Ma come si fa a mettere d’accordo oltre 150 chebile (milizie ndr)? Altro che Isis.
E qui mi fermo ancora. L’ultima volta lo avevo incontrato l’11 febbraio 2020. Era sempre lui. Abbiamo continuato a sentirci quasi fino alla fine. Lo andrò a trovare presto e sono sicuro che mi parlerà ancora della necessità di fare delle scelte e mai dimenticherò di seguire quello che lui è sempre stato partigiano per scelta, partigiano per sempre. Cercheranno di farcelo dimenticare, di cancellarlo dalla storia. E’ sempre stato scomodo perché sempre in direzione ostinata e contraria. Non ci riusciranno.