Frontiere inviolabili

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25 Giugno 2021

L’Agenzia europea Frontex al limite dei diritti umani

L’Agenzia Europea della guardia di frontiera e costiera, nota come Frontex, nasce nel 2004 quale organismo specializzato con l’obiettivo di controllare e gestire le frontiere esterne e interne dello spazio Schengen mediante la cooperazione del corpo di guardia di costiera, di frontiera e degli Stati membri dell’Unione Europea (UE).

Tra i compiti di Frontex vi sono l’analisi dei rischi di sicurezza su terra e in mare, le attività di valutazione delle vulnerabilità, il mantenimento della cooperazione con i con paesi extra UE e non associati a Schengen, con particolare attenzione al transito dell’immigrazione illegale e alla coordinazione delle operazioni di rimpatrio.

Nonostante Frontex sia stata creata al fine di monitorare e distribuire il peso della pressione migratoria, che dal 2015 ha raggiunto un incremento preoccupante, segnando l’inizio di una vera e propria crisi umanitaria, le sue politiche di soccorso si trovano costantemente al centro del dibattito pubblico.

Le operazioni svolte sono sempre più avverse e poco chiare; includono abusi di potere, mancanza di trasparenza e comportamenti non cooperativi denunciati da politici, avvocati, attivisti e ONG.

A partire da questo presupposto dal 9 giugno 2021 “Abolish Frontex” è la campagna internazionale che intende riformare o, addirittura, eliminare l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera e tagliarne i finanziamenti dall’Unione (la Corte dei Conti europea ha dichiarato che l’Agenzia sarà destinataria di 5.6 miliardi di euro fino al 2027 e arruolerà fino a 10.000 unità armate di polizia di confine).

Lo scorso 19 giugno, durante un’azione tenutasi presso Maljevac, al confine tra la Croazia e Slovenia e Bosnia Erzegovina, più di un centinaio di attivisti delle ONG, provenienti da Italia, Germania, Spagna e Slovenia, congestionando il traffico al confine nella c.d. azione della “Balkan Route Calling”, hanno protestato contro i respingimenti violenti dei migranti, richiamando all’attenzione dell’Unione e dei suoi Stati membri i necessari punti di cambiamento:

. regolarizzare le persone migranti;

. fermare tutte le deportazioni;

. terminare tutte le detenzioni;

. porre fine alla militarizzazione delle frontiere;

. porre fine alla vigilanza.

Dalle richieste della neonata campagna di protesta, emergono le responsabilità mancate e le destabilizzanti contraddizioni di un sistema di tutela che non riesce a rispettare a pieno i diritti umani.

Osservando il quadro giuridico è possibile riconoscere che il problema è sistemico.

Il Regolamento Istitutivo dell’Agenzia si fonda sull’art.62 del Trattato Istitutivo della Comunità Europea.

Prevede: la gestione europea integrata delle frontiere, le misure per il loro attraversamento, le procedure per i controlli dei migranti da parte degli Stati membri, le norme in materia di visti di soggiorno, le misure relative alla libera circolazione all’interno del territorio degli Stati membri per i cittadini dei paesi terzi.

La modifica Re.1624/2016 ha portato ad un’ulteriore estensione delle competenze dell’Agenzia; per la prima volta viene istituita una guardia di frontiera e costiera europea che attua la gestione integrata delle frontiere verso l’esterno dell’UE. La guardia di frontiera comprende Frontex e le autorità dei paesi associati a Schengen responsabili.

In aggiunta al Regolamento Frontex, si trova il Manuale Schengen, o “Manuale pratico per le guardie di frontiera”, il codice di frontiera che disciplina lo svolgimento dei controlli sulle persone da parte delle autorità.

Prevede che:

  • a tutti i cittadini dei paesi terzi sia data la possibilità di richiedere asilo o protezione internazionale, dunque la guardia di frontiera dovrà provvedere a comunicare i diritti e i doveri, scegliendo la lingua che possa essere loro comprensibile;
  • la guardia di frontiera ha l’obbligo di considerare come richiedente asilo o richiedente protezione internazionale colui o colei che dimostri timore o necessità di soccorso;
  • la guardia di frontiera ha l’obbligo di verificare la domanda di protezione con le autorità nazionali, di conseguenza non può procedere ad alcun respingimento senza aver prima registrato il migrante.

Tale concetto viene rafforzato ulteriormente se affiancato alla Convenzione di Ginevra del 1951 che tutela il diritto di asilo per le vittime di persecuzioni e il rispetto del principio di non-respingimento di «un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche».

Tuttavia, lo stesso Regolamento Frontex, agli artt.3 e 4, rispettivamente Gestione europea integrata delle frontiere e Guardia di frontiera e costiera europea, rimarca l’importanza della prevenzione e dell’individuazione della criminalità transfrontaliera alle frontiere esterne, in particolare per quanto riguarda il traffico di migranti, la tratta di esseri umani e il terrorismo.

Gli articoli includono meccanismi e procedure per l’identificazione delle persone vulnerabili e dei minori non accompagnati e per l’identificazione delle persone che necessitano di protezione internazionale o intendono richiederla; prevede di fornire informazioni a tali persone e di erigere un sistema di sicurezza e controllo che contrasti ogni forma di attività criminale nell’accesso non autorizzato alla frontiera (come disciplinato a sua volta dall’art.13 del Manuale Schengen).

In questo contesto, la condotta dell’Unione e della Guardia di frontiera collide in un punto di illiceità; da un lato dovrebbe garantire il diritto di richiesta di asilo ai cittadini provenienti da paesi terzi, dall’altro attua il respingimento, talvolta immediato, senza registrazione né controlli, di coloro i quali tentano di entrare anche se con un ingresso irregolare.

Questo fenomeno prende il nome di push back, un insieme di misure statali mediante le quali rifugiati e migranti sono respinti da autorità pubbliche oltre un confine, generalmente subito dopo averlo attraversato, senza considerare la loro situazione individuale e senza alcuna possibilità di chiedere asilo o di addurre argomenti contro le misure prese. Questi respingimenti violano, tra le altre leggi, il divieto di espulsioni collettive previsto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Lo scorso 19 maggio, presso l’enclave spagnola di Ceuta, l’autorità civile spagnola (la Guardia Civíl) ha messo in atto i c.d. push back o devoluciones en caliente o respingimenti a caldo.

In meno di 48 ore 6000 migranti su 8000, sono stati respinti senza essere registrati, senza la possibilità di richiedere asilo, tra di essi molti minori e neonati.

Le énclaves spagnole di Ceuta e Melilla, sono dei punti estremamente vulnerabili; separano la Spagna dal Marocco tramite uno sbarramento alto circa sei metri e lungo dodici chilometri, la valla.

I respingimenti sono autorizzati sul territorio iberico da una legge del 2015, la Ley organica de protección de la seguridad ciudadana, legge approvata dal governo Rajoy che estende i poteri della Guardia Civíl e l’autorizza a impedire l’ingresso illegale dei profughi, attribuendo al territorio di frontiera (la valla) un carattere neutrale, non considerandolo quindi territorio nazionale spagnolo.

Il provvedimento, confermato lo scorso anno 2020 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dalla Corte costituzionale spagnola è attualmente ritenuto legittimo.

L’accountability dell’Agenzia Frontex è stata estremamente minata, non solo dalle condotte violente delle autorità, come ad esempio l’uso di spray orticanti, manganelli o, addirittura cani, ma anche e soprattutto dall’impossibilità di identificare i funzionari che si occupano del rimpatrio, dalla limitazione all’accesso agli atti e dall’assenza di un accessibile meccanismo di denuncia relativo tali violazioni dei diritti umani.

Solo con l’art. 72 del Regolamento 2016/1624 diventa obbligatorio da parte dell’Agenzia fornire al migrante il diritto ad un ricorso effettivo.

Di determinante rilevanza in tale materia è la sentenza N.D. e N.T. c. Spagna, la prima sentenza della Corte europea dei diritti umani relativa ai respingimenti a caldo su terra.

Il 13 agosto 2014, i ricorrenti N.D. e N.T., insieme a circa altri ottanta migranti provenienti dall’Africa Subsahariana hanno tentato di oltrepassare, scavalcandola, la valla per entrare in Spagna, ma sono stati frenati dalla Guardia Civíl spagnola che li ha rimpatriati immediatamente in Marocco, senza alcuna registrazione o forma di tutela.

Nel 2017 la Corte ha condannato la Spagna a una sanzione pecuniaria per respingimento illecito di N.D. e N.T.

Tuttavia, nel 2020 l’esito è stato favorevole per il governo spagnolo. Dopo aver fatto ricorso alla Corte, i giudici di Strasburgo hanno riconosciuto che il diritto dell’Unione non era stato violato dalla Guardia Civíl in quanto la condotta dei ricorrenti nel raggiungere la Spagna era avvenuta tramite un attraversamento illegale, in un contesto che rendeva possibile l’accesso tramite mezzi legali.

La sentenza N.D. e N.T. c. Spagna intende promuovere l’accesso legale alle frontiere, a costo di attuare dei respingimenti immediati dei migranti senza ancora verificare la loro condizione. Così facendo, però, si concretizza un’eccezione all’art.4 del IV Protocollo CEDU, quindi si ammette, in questo specifico caso, un’infrazione dei Diritti dell’uomo e delle Libertà Fondamentali.

Sebbene la Commissione europea abbia precisato che il criterio derivante da questa sentenza non sia applicabile in tutti i casi, i respingimenti sommari così attuati da Frontex e dalla guardia di frontiera a Melilla potrebbero in futuro agevolare le condotte illecite e incrementare le violenze presso i confini europei.

L’apertura di questo spaventoso spiraglio tiene in allerta attivisti e politici nel monitoraggio del degenerante aumento delle politiche anti-migratorie.

Mediateca

La sentenza N.D. e N.T.

blog della Società Italiana di Diritto Internazionale e di Diritto dell'Unione Europea

Il testo della sentenza

Corte Europea dei Diritti Umani

Frontex - il dossier

Melting Pot

La campagna contro Frontex

Melting Pot