Nei giorni in cui ascoltiamo attoniti il susseguirsi delle notizie frammentarie che arrivano dal fronte della guerra in Ucraina, non è scontato riuscire a pensare, dire e scrivere qualcosa di significativo sul conflitto in corso.
Così ho deciso di partire da due consigli dispensati da Christian Elia, condirettore di Q Code Mag insieme ad Angelo Miotto: seguire solo giornaliste e giornalisti che si sono sempre occupati della questione; fare una cosa di senso, senza correre dietro agli altri.
Igor Tuveri, in arte Igort, non è un giornalista, ma un fumettista che nel corso della sua lunga e prolifica carriera, a un certo punto, si è avvicinato a modo suo al mondo del graphic journalism.
Dalla sua personale sensibilità, unita all’esperienza diretta, nel 2010 è nato il volume Quaderni ucraini, originariamente pubblicato da Mondadori e ristampato, nel 2020, da Oblomov.
Tra queste due edizioni ne è intercorsa una seconda nel 2014 (Coconino), aggiornata con 15 pagine inedite relative al conflitto nel Donbass, allora appena cominciato dopo l’annessione russa della Crimea.
Un’opera nata quasi per caso e in tempi non sospetti, dunque, si è arricchita nel corso degli anni con nuove pagine relative alla più stretta attualità, cosa accaduta nuovamente in questi giorni con il recente Diario di un’invasione.
Avendo vissuto due anni in Ucraina, infatti, Igort ha mantenuto i contatti con una serie di persone che lo informano, giornalmente, su quanto sta accadendo nel Paese.
Queste testimonianze, prima pubblicate sul profilo Facebook dell’autore, sono confluite nella storia breve pubblicata nei giorni scorsi su Robinson, che offre uno spaccato autentico e inedito della guerra in corso.
Città distrutte, persone in fuga, la vita quotidiana che cambia in un baleno, la scarsità improvvisa di cibo e beni essenziali. Il confronto con gli invasori, i sospetti, le voci incontrollate e la paura di morire.
Un mosaico di vite in frantumi che si riesce a comprendere meglio facendo un passo indietro al 2014, quando gli eventi che avrebbero condotto alla situazione attuale hanno preso una prima, decisiva piega.
Anche in questo caso, Igort sceglie di raccontare la Storia attraverso tre eventi all’apparenza marginali, ma in grado di rendere evidenti l’assurdità della guerra e le sue conseguenze sulle persone comuni.
Le disavventure della 102ma divisione corazzata dell’esercito ucraino, abbandonata nella steppa per quasi un mese. L’aumento del prezzo del carbone e la razzia di legname nelle foreste. La tragica vicenda del soldato russo Evgenij Myazin.
Ancora una volta, schegge di presente offrono la loro testimonianza, lasciando intuire la presenza di un passato ingombrante e scomodo alla radice delle tensioni mai sopite tra Russia e Ucraina.
Un passato narrato proprio nei Quaderni ucraini, che attraverso i racconti delle persone incontrate dall’autore durante la sua permanenza nel Paese ricostruiscono la vita in Ucraina nei decenni dell’Urss.
Dall’holodomor – la terribile carestia del 1932-33 utilizzata da Stalin per stroncare le resistenze del Paese – all’occupazione nazista, dalla vita nell’Ucraina sovietica del dopoguerra fino alle conseguenze della tragedia di Černobyl’ sulle persone e l’ambiente.
Questi racconti compongono un affresco al quale si concatenano, senza soluzione di continuità, gli sviluppi che hanno portato allo scoppio di una guerra in cui ancora una volta è l’Ucraina a pagare il pezzo più alto.
Un prezzo pagato in nome degli equilibri geopolitici, dei giochi di potere, delle prove di forza sui confini, senza curarsi minimamente delle persone rimaste intrappolate in una guerra che sta frantumando le loro vite.
Eppure, ricorda Igort rivolgendosi a Vladimir Putin, Yuri Gagarin era stato molto chiaro. È tutto lì, nelle sue celebri parole pronunciate guardando la Terra dallo spazio: “Da quassù non si vedono confini”.