Il 5 luglio si è svolto il secondo turno delle elezioni democratiche in Iran, in anticipo rispetto alla scadenza del mandato esecutivo in seguito alla morte dell’allora presidente in carica, Ebrahim Raisi, deceduto in seguito a un incidente in elicottero. Al ballottaggio c’erano da una parte Said Jalili, appartenente al gruppo dei conservatori, e dall’altra Masoud Pezeshkian, appartenente al gruppo dei riformisti moderati, che ha vinto. A differenza di quello che è stato raccontato dai media italiani, la differenza tra riformisti moderati e i conservatori è davvero minima. Non solo, l’elezione di un presidente piuttosto che di un altro non può comportare nessun cambiamento sostanziale: il potere decisionale è infatti appannaggio esclusivo del cosiddetto leader supremo o guida suprema, che è l’ayatollah Ali Khamenei. Le elezioni, quindi, non si possono dire libere e democratiche.
Nel nuovo episodio del podcast Qontesto, l’approfondimento per capire il contesto delle elezioni iraniane, tra affluenza, funzionamento del potere in Iran, possibilità reali di cambiamento:
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