Christian Elia riflette in questo Qontesto sui 166 giorni che da più parti vengono chiamati ‘guerra a Gaza’. Una definizione verosimile, ma difficilmente inquadrabile dentro la parola guerra, quando le decine di migliaia di morti sono civili, soprattutto bambini e donne.
Fra le tante notizie di cronaca delle ultime ore, ancora decine di palestinesi ammazzati, il premier israeliano che continua nella sua azione mortifera con un vocabolario inumano (‘andremo avanti per finire il lavoro’), c’è un fatto che in questo Qontesto Christian Elia cita e che ha un peso sulla credibilità dei rapporti internazionali, tutti, del futuro. È quando dice che Israele non ha risposto a nessuna delle esigenze poste dal Tribunale per i crimini contro l’umanità, adito dal Sud Africa.
Proprio la ministra degloi esteri Esteri Naledi Pandor è tornata ad accusare Israele di aver creato un precedente per alcuni leader mondiali che hanno sfidato la massima corte delle Nazioni Unite, accusando Tel Aviv ancora una volta di portare avanti una campagna di “fame di massa” a Gaza.
Naledi Pandor ha affermato che Israele ha sfidato la sentenza di gennaio della Corte internazionale di giustizia volta a prevenire “atti di genocidio” durante la sua sanguinosa guerra.
“Le misure provvisorie sono state completamente ignorate da Israele”, ha detto Pandor al Carnegie Endowment for International Peace a Washington, DC. “Ora vediamo la fame di massa e la carestia davanti ai nostri occhi. Penso che noi, come umanità, dobbiamo guardare a noi stessi con orrore e sgomento ed essere davvero preoccupati di aver dato l’esempio”.
Le azioni di Israele potrebbero significare che altre nazioni crederanno che “c’è la licenza – posso fare quello che voglio e non verrò fermato”.