Siamo nei due mesi omnibus: Ucraina, nucleare, Gaza. Il mondo aspetta l’insediamento di Trump, nel frattempo si fa man bassa, di orrori. Ma fermiamoci a riflettere, per cambiare le cose, o almeno provarci
Il neopresidente eletto Donald Trump si insedierà a gennaio. E questi due mesi che ci separano da quella data hanno acceso il turbo della geopolitica di guerra. L’amministrazione uscente di Joe Biden spinge il governo ucraino con infornate di miliardi di dollari in armi, permessi di utilizzo di missili a lungo raggio, Putin che già telefona in maniera disinvolta al telefono dice di poter risolvere tutto in 24 ore, potere delle politiche di propaganda.
A Gaza il premier Netanyahu continua la strage sistematica, il genocidio, dei palestinesi. I Bambini sono nel mirino dei cecchini, così non cresceranno mai più, le notizie di cronaca martellano a tamburo le liste delle decine di morti ogni settimana mentre c’è ancora chi riesce a mettersi a discutere trattati alla mano se la definizione ‘genocidio’ sia adeguata o meno.
Sono i due mesi omnibus: fate tutto quello che volete e potete prima che gli Usa cambino presidente e soprattutto arrivino i miliardari al potere, con i due segretari all’efficienza governativa che capiremo soltanto a gennaio di cosa saranno capaci (e più che una promessa suona a minaccia).
Non è retorico, e nemmeno ingenuo, ricordarci quanto sia buia questa fine di 2024, soprattutto – e chi scrive è un ottimista – rispetto a quello che ci attende nei prossimi futuri. Mentre scrivo arrivano testimonianze dopo i mille giorni di guerra in Ucraina, dove in molti iniziano a dire che i morti sono troppi. Anche perché se ci si ferma a guardare le foto sparse in piazza Maidan si vedono troppi ventenni. Sono generazioni che vengono spazzate via, sono semi di odio che vengono piantati e accuratamente innaffiati. Poi ci si gira verso sud e le immagini che ci percuotono ogni giorno riportano un numero così alto di bambini uccisi, assassinati per meglio dire perché siamo nell’intenzionalità, che anche quei semi d’odio li riconosciamo perfettamente.
Sarebbe utile fermarsi, ogni tanto, specie quando le tifoserie entrano in campo astraendo il dolore e trasformando questa esperienza unica che è il vivere in un dato scacchistico di strategie e mappe su cui disegnare la grande fotografia.
Lasciate spazio alla divagazione: pochi giorni fa’ al funerale di Licia Pinelli è stata cantata una bellissima canzone, il disertore. Disertare mi pare il verbo più interessante di questo periodo.
E invece accade che deserte ormai troppo spesso vadano le urne, dove invece avremmo bisogno del pieno di voti, se le dichiarazioni degli eletti dal popolo o da dio fossero vere. Di fronte a questo smarrimento collettivo – è utile dirsi che non ci sono solo Kiev e gaza, ma decine di focolai di odio sul pianeta – il rischio di abbandonarsi al disfattismo o alla fatalità non è solo altissimo, ma praticato già da troppi. Il punto, lo ricordava un amico in una conversazione recente, è attivarsi.
Come ci attiviamo? Come diventare massa critica?
Sono domande difficili, anche perché attingono al personale, quindi a quella risorsa scarsa che per molti, la maggioranza, ormai è più sopravvivere che vivere, anche nei paesi agiati dove la classe media è distrutta e spinta a calci verso il basso a favore dell’arricchimento di pochi.
In un saggio – Produci consuma crepa, manuale di resistenza e cambiamento – riportavo le parole di un amico sociologo, Massimo Conte, che parlava di compassione, del ‘sentire insieme’, quindi anche di metterci nei panni del sentire altrui. E ricordavo anche che le esperienze cooperative, solidaristiche, mutualistiche, associative, volontaristiche, sono molto più forti in potenza dello sterco che ci ritroviamo sulle spalle ogni giorno. Come se la condanna a subire in prima persona e a veder soffrire, fosse inevitabile. Non lo è. Ha un prezzo, però, dal più piccolo gesto alla più grande impresa: attivarsi. Riconoscersi. Ricreare legami e ponti, uccidendo quell’individualismo che è diventato una cifra degli ultimi decenni, non certo a caso. Attiviamoci.