Il voto europeo conferma che la scelta delle candidature, quando il programma non basta più, è l’elemento chiave per raccogliere i voti. Ma la coerenza può risiedere solo nelle biografie?
Il generale Vannacci prende mezzo milioni di preferenze. Cioè un quinto del voto leghista alle Europee. Ma è davvero rappresentante di quel programma?
Cecilia Strada prende oltre 282 mila preferenze nel PD: ma davvero rappresenta quel partito?
Metto gli estremi, con disgusto per Vannacci e le sue dichiarazioni fasciste e razziste, perché ci danno un elemento chiave per questo voto europeo. Lo sapevamo già dai tempi delle candidature, ma è bene rifletterci a risultati avvenuti.
La domanda è molto semplice: i partiti e i loro programmi sono coerenti? Finite le ideologie e dopo l’era berlusconiana e il passaggio al maggioritario – per chi scrive infausto – ci siamo attaccati ormai definitivamente alle biografie, se non addirittura al famoso ritornello del ‘si presenta bene’?
Ovviamente il generale nostalgico e una donna che spende la sua vita nelle organizzazioni governative sono due cose molto diverse anche dal punto di vista del voto alla persona.
Nel caso di Vannacci, infatti, la mediatizzazione è stato tutto. Le sue farneticazioni potevano essere prese e lasciate senza megafono, ma il circuito della grande stampa lo ha subito portato ad amplificare concetti che non hanno cittadinanza nella nostra Costituzione fino a renderlo un grimaldello per il segretario della Lega che aveva bisogno di una iniezione di voti populisti e qualunquisti, con il mal di pancia dei suoi colleghi e colleghe di partito che non hanno digerito la scelta disperata.
Nel caso di Cecilia Strada, invece, la biografia – sua, proprio la sua non fate l’errore di ricorrere solo alla famiglia – è talmente sovrapponibile a concetti quali pace, salvataggio di migranti, solidarietà, no deciso alle armi, che diventa una candidatura in cui la persona si trasforma in un pezzo di ‘programma’.
Eppure anche lei fa parte di quel nuovo Pd che la segretaria Elly Schlein sta cercando di trasformare, e che comunque vota sì all’invio delle armi.
Il caso di Ilaria Salis è speculare, ma diverso: i critici dicevano “ma che ne sa di politica, è un voto sprecato”. In realtà AVS ha, dopo il tentativo frustrato del PD, realizzato una candidatura che era tipica del partito Radicale, dove cioè la negazione dei diritti della persona candidata diventavano il coerente messaggio politico di cosa non deve più succedere in questa nostra Europa. Operazione avvenuta con successo e in linea con il programma della sigla elettorale.
Cosa voglio dire prendendo questi esempi? Che la forma partito – che ha vissuto il correntismo per anni nella prima repubblica – ha bisogno di avere una sua coerenza interna che risiede nel programma, in ciò che si impegna a fare come promessa con chi lo vota. Un patto che non si può rompere e che deve essere promosso senza farsi incantare dalle sirene dei soliti luoghi comuni elettoralistici dei sondaggi inter-tempo. Dire una cosa e quella sui temi importanti.
Senza il programma e la coerenza, che si esprime dentro le candidature, rimaniamo in un mercato di biografie che prendono qui e là. La biografia pacifista prende, ma passano anche i candidati che voteranno sì al war deal europeo. Allora: con chi si sta? Dico come partito, come espressione di un programma di minima condiviso.
Il generale caccia i disabili dalle classi e relega gli omosessuali nel subnormale: leghisti tutti contenti? Questo è il vostro programma? Certo che poi ‘vi fa’ un quinto dei voti. Ma sono proprio i vostri voti?
La destra su questo è compatta, anche perché per sua natura segue il o la leader che ha bisogno dei milioni di voti per sentirsi amata dal popolo e perché, diciamolo, a biografie stanno messi male.
Allora: forse, ma anche senza forse, se ci fosse un programma non del PD, ma della formazione europea che esprime il centro sinistra, con dei punti chiari e una campagna di informazione che rispetti questo nome, allora potremmo dire che votiamo per l’Europa.
Qui abbiamo ancora una volta riproposto dinamiche nazionali, quindi siamo sempre alla preminenza dello stato nazione sulla struttura europea. E nello specifico; anche a livello nazionale non servono le biografie ‘strane’ per cercare di chiudere le falle. Serve una identità chiara. Evidentemente non c’è ancora nel centro sinistra che aspetta la trasformazione della segretaria. Come elettori ed elettrici pensate che bello se potessimo scegliere con le idee chiare su cose si impegnano a fare quanti e quante verranno delegati e delegate da noi!
Il voto giovane, se sono i veri i dati che stanno girando e vedremo nei prossimi giorni, è un voto valoriale, non siamo più alle rivoluzioni degli anni che furono. Un voto che parla di diritti. Quegli stessi diritti che stanno e stiamo perdendo, nell’arretramento costante rispetto alle conquiste del Novecento.
L’astensione è oltre il 50%. Se fossi un politico sarebbe il mio primo incubo. Da cittadino ne sono spaventato e c’è anche da chiedersi fino a quando può funzionare un sistema rappresentativo con percentuali così basse o che scendono.
Ps. non ci azzecca molto, ma vorrei chiudere con una nota di decenza istituzionale e politica. Ma se sei antisemita dichiarato e accoltelli anche un tifoso di una squadra greca, poi puoi finire davvero a percepire soldi della repubblica italiana antifascista come portavoce di un ministro? La fedina penale e l’opportunità di certe assunzioni valgono solo per noi umili cittadini e cittadine?
Si sta parlando di Paolo Signorelli, che auspichiamo lasci e che risponda nel caso di quanto dovuto, proprio come tutti e tutte noi.