Dieci anni. Tanto hanno dovuto aspettare i lettori italiani per leggere Building stories di Chris Ware dalla data della sua uscita negli Stati Uniti. Lo stesso tempo che aveva impiegato l’autore per realizzare l’opera.
Per i tanti che non avevano potuto o voluto sobbarcarsi l’onere di acquistare l’originale, l’annuncio della pubblicazione di Building stories da parte di Coconino Press ha avuto l’effetto di una liberazione a lungo attesa.
Questa storia travagliata nasce da un formato editoriale decisamente insolito: Building stories, infatti, si presenta come una scatola con dentro 14 materiali di diversa tipologia: dal più classico comic book al giornale, dalle strisce a fumetti al volumetto cartonato.
Una montagna da scalare per qualsiasi editore, al punto che Bao Publishing – dopo aver acquisito i diritti nel 2014 e annunciato l’uscita dell’opera per l’anno successivo – aveva dovuto rinunciare per i costi proibitivi della pubblicazione.
Potendo contare sulla forza del gruppo Fandango, Coconino è invece riuscita nella titanica impresa, coronando il proprio successo con la presenza di Chris Ware al momento della presentazione a Lucca Comics 2022.
Nel mondo dei libri, si sa, non c’è fenomeno in grado di suscitare la curiosità dei lettori come le vicissitudini di un’edizione “maledetta”, anche nell’epoca digitale.
Ma quello che ha collocato giustamente Building stories tra i capolavori della nona arte – come dimostrano i premi più prestigiosi vinti a livello mondiale – è il suo contenuto, così peculiare da essere inseparabile dalla forma editoriale ideata dall’autore.
Già dal doppio senso celato nel titolo emerge la geniale originalità di quest’opera: una storia che si costruisce e ricostruisce continuamente – dal momento che non vi è alcun ordine di lettura predefinito per i materiali contenuti nella scatola – e, allo stesso tempo, l’insieme delle vicende che accadono a un edificio e all’interno dello stesso.
Building stories è spiazzante, come sanno essere solo le opere più innovative
Innanzitutto perché è già difficile capire dove cominciare a leggere, e come continuare. E poi perché ogni materiale, oltre a un formato, ha un’impaginazione diversa, in grado di sfidare anche il lettore più esperto.
Ecco che una tavola impostata con la griglia più classica lascia spazio, girata la pagina, a un guazzabuglio di disegni, testo e lettering dove a volte si riesce a orientarsi facilmente grazie a una provvidenziale freccia… altre volte meno.
Attenzione: questo non significa che Building stories sia un’opera ermetica o confusa. Tutt’altro. Come ha detto lo stesso Ware durante la presentazione a Lucca, siamo di fronte a una frammentazione che tenta di imitare l’irregolarità della vita, che non procede mai con la linearità di una sceneggiatura ben scritta.
E in questa idea, magistralmente realizzata su carta, risiede il segreto di Building stories. Che racconta, in sostanza, le vite che scorrono all’interno di un condominio trifamiliare di Chicago tra la fine degli anni ‘90 e i primi anni 2000.
Una premessa apparentemente banale che invece dà vita a un affresco eccezionale non solo di una determinata epoca in un determinato luogo, ma della vita stessa, come nelle intenzioni dell’autore.
Dalle facende quotidiane più comuni ai momenti decisivi dell’esistenza, in grado di indirizzarla in una direzione o in un’altra, Building stories crea un’esperienza immersiva e totalizzante nel vissuto dei suoi protagonisti.
Se è vero che entrare nella casa di qualcuno è come entrare nella sua vita, guardare le cose dalla prospettiva dell’edificio che le ha viste accadere – e a volte addirituttura ascoltarle attraverso la sua voce – restituisce un racconto di una verità spiazzante.
La pulizia del disegno e l’accuratezza con cui l’autore riesce a descrivere anche i momenti più delicati e i sentimenti più profondi potrebbero portare alla mente la precisione del bisturi in una sala operatoria.
Ma anche in questo caso niente di più sbagliato della prima impressione, perché l’umanita con cui Ware dà vita ai suoi personaggi è intensa quanto rispettosa della loro intimità, tanto che la maggior parte del racconto è guidata dai pensieri stessi dei protagonisti.
Building stories non si limita nemmeno a essere una collezione di storie individuali: l’opera di Ware, al contrario, è anche un sottile ritratto della società in cui i personaggi si trovano a muoversi.
Come in una contemporanea Spoon river a fumetti, questo racconto al tempo stesso impietoso e malinconico parte dalla solitudine, che nell’era dell’individualismo è di tutti e di ciascuno.
Poi però testimonia le difficoltà economiche delle famiglie, il senso di fallimento sempre dietro l’angolo nella società dei consumi, i pregiudizi soffocanti che cambiano nel tempo mantenendo la capacità di colpire più forte le persone più sensibili.
Da questo punto di vista, la scelta di lasciare la protagonista principale senza nome non è certo casuale, perché nelle sue angosce ognuno ha la possibilità di riconoscersi in misura variabile.
L’unica barriera d’accesso alla straordinaria esperienza di Building stories è il costo: comprensibilmente alto per le ragioni ricordate in precedenza, il prezzo della scatola è infatti di 90 euro… non esattamente alla portata di tutti.
Ma questo non cambia di una virgola il valore dell’opera, che pure doveva confrontarsi con un decennio di aspettative frustrate. Ora però possiamo dirlo: l’attesa è stata lunga, ma ne è decisamente valsa la pena.