“Fatti, non parole”. È il 1903 quando l’attivista inglese Emmeline Pankhurst conia lo slogan rimasto nella storia del movimento per il diritto di voto alle donne.
Nata nel 1858 a Moss Side (Manchester), quando Pankhurst fonda la Womens’ Social and Political Union e inventa il celebre slogan ha già alle spalle 25 anni di attivismo suffragista.
Ma ne serviranno altri 15, fino al 1918, per vincere almeno in parte la sua battaglia e veder introdotto il diritto di voto per le donne nel Regno Unito, anche se il suffragio universale femminile arriverà soltanto nel 1928.
Dopo aver inseguito l’obiettivo per mezzo secolo, Pankhurst manca l’appuntamento con la Storia a pochi passi dal traguardo: la legge viene approvata il 2 luglio, ma Emmeline muore il 14 giugno.
Questo finale agrodolce rappresenta molto bene la parabola dell’attivista, ricca di spigoli e contraddizioni, ben tratteggiata da Mariapaola Pesce e Paola Zanghì nella biografia uscita poche settimane fa per BeccoGiallo.
Pankhurst infatti non è un personaggio facile da decifrare, e il merito dell’opera a fumetti è proprio quello di non fermarsi alle apparenze o limitarsi alla celebrazione, portando il lettore a un livello d’interpretazione più profondo.
Vita familiare e battaglia politica si intersecano continuamente, influenzandosi a vicenda, lungo tutta l’esistenza di Emmeline
Un intreccio che comincia negli anni dell’infanzia, quando l’apparente apertura dei genitori – in particolare del padre – verso i diritti delle donne si rivela fragile e superficiale in confronto alla determinazione totale della figlia.
Emmeline infatti sceglie di istruirsi “come gli uomini”, viaggia e fa esperienza del mondo, fino all’incontro con il futuro marito Richard. Insieme, si battono per i diritti delle donne nella Women’s Suffrage Society.
È il 1878 e Emmeline ha appena vent’anni, ma la sua autorevolezza e notorietà all’interno del movimento crescono rapidamente, man mano che dimostra di saper tenere testa a politici navigati e risolvere problemi complessi come quelli che affliggono le donne delle classi sociali più deboli.
Tuttavia i risultati tardano ad arrivare, con proposte di legge che si arenano una dietro l’altra nelle sabbie mobili del Parlamento inglese. Nel 1898, la morte del marito infligge a Emmeline un duro colpo – ecco ancora l’intreccio tra vita personale e attivismo politico – dal quale sembra impossibile riprendersi.
E invece, proprio da questo incrocio di circostanze sfavorevoli, Pankhurst esce indurita e rafforzata a tal punto da andare incontro al secolo che inizia pronta ad affrontare una nuova fase della sua battaglia.
Con la sua guida ormai esperta, le suffragette mettono in atto proteste pubbliche provocatorie e clamorose, abbandonano il dialogo e abbracciano la contestazione di piazza, anche con azioni eclatanti se necessario.
Questo approccio dà nuova energia e visibilità al movimento, ma allontana Emmeline da due delle sue tre figlie, che non condividono i suoi metodi, le sue posizioni e il suo piglio ormai sempre più autoritario.
Ancora una volta personale e politico si intersecano, e negli anni della Grande Guerra, così come in quelli che seguiranno, Pankhurst si avvicina a posizioni conservatrici, contraddicendo almeno in parte il senso della battaglia portata avanti fino a quel momento.
Ma nessuna contraddizione può offuscare l’importanza dei cinquant’anni di lotta per i diritti delle donne che hanno riempito, di fatto, gran parte della vita di Emmeline Pankhurst.
Una vita che Mariapaola Pesce e Paola Zanghì raccontano con equilibrio tra delicatezza e rabbia, intimità e politica, regalandoci un ritratto a tutto tondo rigoroso e completo.
Il bianco e nero scelto da Zanghì ricrea le atmosfere dell’Ottocento, ma l’espressività assolutamente contemporanea dei personaggi, lungi dal risultare contrastante, crea un effetto armonioso e coinvolgente.
Per la sceneggiatura, Pesce adotta un intelligente stratagemma narrativo per esprimere alcune considerazioni laterali rispetto alla narrazione principale: il racconto, infatti, è messo in scena da una studentessa universitaria, che nel 2019 sta scrivendo la sua tesi di laurea su Pankhurst.
In definitiva, il fumetto pubblicato da BeccoGiallo offre una preziosa occasione di approfondimento su una figura storica molto nota ma forse poco esplorata, nonostante il suo fondamentale contributo alla lotta per i diritti delle donne.
Nel bellissimo film Suffragette di Sarah Gavron (2015), Emmeline Pankhurst compare solo in alcune scene, seppur con tutto il carisma riconosciuto al personaggio anche grazie all’interpretazione di Meryl Streep.
Pesce e Zanghì fanno un passo in avanti, ripercorrendo le orme di Pankhurst soprattutto attraverso i fatti, ma anche seguendo l’eco delle sue parole: “Siamo qui non perché vogliamo infrangere le leggi, siamo qui perché le leggi vogliamo farle”.