Julian Assange e WikiLeaks in un graphic novel

Julian Assange è un uomo libero. La notizia è rimbalzata sugli smartphone di tutto il mondo lo scorso 25 giugno, per la gioia dei tanti che negli anni avevano sostenuto la causa della libertà d’informazione.

Ma chi è veramente Julian Assange? Possiamo dire di conoscerlo grazie alle note vicende di WikiLeaks? Forse no. Anche per questo è nato il graphic novel di Dario Morgante e Gianluca Costantini, uscito per la prima volta nel 2011 e recentemente ripubblicato da Altreconomia.

Julian Assange. WikiLeaks e la sfida per la libertà d’informazione racconta la genesi del giornalista-hacker con un taglio profondo e immaginifico, in grado di offrire le principali coordinate biografiche sul protagonista e indagare allo stesso tempo le sue motivazioni più profonde.

Perché lo fate?

La domanda aleggia come un fantasma lungo tutto il graphic novel, accompagnata da dubbi sussurrati nell’orecchio: “È illegale, pericoloso, con poche soddisfazioni… vi attira un sacco di nemici, di persone che pensano che siete manovrati da questo o quel governo”.

La risposta di Assange, che apre il volume a rimarcarne la centralità all’interno dell’opera, è allo stesso tempo scontata e rivoluzionaria: “È giusto che i governi, le corporation e l’apparato militare sappiano che esiste una morale superiore al loro potere”.

È giusto che ci sia una morale superiore al potere. Di questo principio così essenziale per la democrazia, di cui ci siamo apparentemente dimenticati, Assange si fa alfiere attraverso un percorso di vita, brillantemente sintetizzato nel graphic novel, che lo porta a fondare e animare WikiLeaks.

Siamo al nocciolo della questione democratica, soprattutto in epoca di fake news: dare ai cittadini la possibilità di essere correttamente informati per decidere liberamente il proprio destino, in particolare su pagine oscure della storia come la war on terror inaugurata da George W. Bush nel 2001.

Eppure proprio quel Paese che racconta sé stesso come “la più grande democrazia del mondo”, che a parole fa della libertà il proprio simbolo e valore guida, diventa da subito il principale persecutore di Julian Assange.

Costretto a rifugiarsi prima in Svezia poi in Gran Bretagna, il fondatore di WikiLeaks passa dalla reclusione di fatto nell’ambasciata ecuadoregna alla prigionia vera e propria in un carcere di massima sicurezza londinese.

Un’odissea conclusa due settimane fa grazie al patteggiamento con l’autorità statunitense, che se da un lato ha permesso ad Assange di tornare finalmente libero, dall’altro gli è costata una parziale ammissione di colpevolezza che proietta una lunga ombra sul futuro della libertà di stampa.

Chissà cosa penserebbe il giovane hacker idealista di tanti anni fa, così ben raccontato da Morgante e Costantini, del sé stesso di oggi e della soluzione che ha trovato per uscire dalla trappola mortale in cui era finito.

E chissà quale risposta, oggi, darebbe Julian Assange alla stessa domanda che agita il fumetto: perché lo fate?