Servono due fumettisti francesi per raccontare le contraddizioni degli Stati Uniti? A quanto pare sì, almeno a giudicare dall’entusiasmo suscitato anche in Italia da The Grocery, recentemente pubblicata da Bao.
Uscita in Francia in quattro corposi volumi di oltre cento pagine ciascuno, la serie di Aurélien Ducoudray e Guillaume Singelin viene ora proposta nel nostro Paese in un poderoso volume unico di 440 pagine.
Il libro peraltro vanta un alfiere d’eccezione: Zerocalcare, chiamato dalla sua storica casa editrice a dirigere la nuova collana Cherry Bomb, iniziata appunto con la pubblicazione integrale di The Grocery.
In una surreale e iperviolenta Baltimora, la serie segue le vicende di un gruppo di ragazzi di strada a partire dall’apertura del negozio di alimentari del titolo, che diventa presto l’epicentro di una serie travolgente di eventi.
La città è insanguinata da un’efferata guerra tra bande armate per il dominio delle strade, che in men che non si dica sfocia sottilmente in una distopia purtroppo non molto distante da alcune tendenze del mondo di oggi.
Gli Stati Uniti, in particolare, escono vivisezionati dalla serie, come un paziente – moribondo ma estremamente violento – sul lettino operatorio di un ospedale, naturalmente privato, che da un momento all’altro può diventare un obitorio.
Allo strapotere del crimine organizzato fa da contraltare la brutalità perfettamente legale del capitalismo imperante, che si prende senza battere ciglio le case delle persone e i servizi pubblici, sostituendo la polizia con squadroni di vigilanti privati.
In una guerra non solo figurata ma reale, dalle strade di Baltimora a quelle di Baghdad, la costante è l’oppressione del forte sul debole: dalla condizione delle donne in carcere fino al muro che separa le due parti della città, un regime di apartheid che ricorda molto da vicino la situazione palestinese di ieri e di oggi.
L’evoluzione dei personaggi, che si dispiega velocemente in un ampio spazio di tempo e pagine, fa saltare le consuetudini, fino a quando per distinguere tra “buoni” e “cattivi” bisogna sforzarsi a fondo per andare oltre l’apparenza, come si dovrebbe sempre fare anche nella vita di tutti i giorni.
L’attivismo solidale e collettivo, sembra dire The Grocery, è l’unica risposta possibile alla prepotenza di chi tiene il coltello dalla parte del manico, imponendosi con la violenza quando le regole non bastano più e sfruttando per il proprio tornaconto anche le persone più fragili e marginalizzate.
L’amicizia – in particolare quella tormentata tra i due protagonisti Elliott e Sixteen – l’amore e la famiglia, che può essere salvezza o condanna, devono lottare per avere il proprio spazio una storia in cui è il destino comune a prendersi il centro della scena.
Ma a fare la differenza, in definitiva, sono proprio le scelte dei singoli: compresa quella elettorale, ormai così poco di moda, che pure sembra ancora godere della fiducia dei due autori.
Anche in questo The Grocery riesce a essere molto attuale, ricordando l’importanza delle elezioni ma allo stesso tempo sottolineando tutte le fragilità della democrazia, ben evidenti dalla carrellata appena tratteggiata.
Tutte queste trame compongono un ordito denso, epico e spietato, sostenuto dall’impeccabile sceneggiatura di Ducoudray e visualizzato dai disegni di Singelin, originali quanto efficaci nel dare alla serie potenza e riconoscibilità.
Un ordito in cui la possibile sconfitta del “mostro” non è sufficiente a produrre il completo happy ending al quale ci ha abituati il cinema hollywoodiano: perché la vita va avanti e nella vita – si sa – spesso non c’è il lieto fine.