La capacità della serie animata I Simpson di “predire il futuro” è nota tra i consumatori di cultura pop: il caso più eclatante è forse quello dell’episodio Bart al futuro, che nel lontano 2000 aveva profetizzato con 16 anni d’anticipo l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti.
“Era ovviamente la persona più assurda alla quale potevamo pensare in quel periodo, ed è ancora così: va oltre la satira”: con queste parole, nel 2016, il creatore della serie Matt Groening aveva spiegato quella previsione all’apparenza tanto profetica.
Talmente nota negli Stati Uniti che Kamala Harris si era presentata il giorno dell’insediamento nel 2021 vestita come Lisa Simpson, che in quell’episodio televisivo raccoglieva il testimone della presidenza proprio da Donald Trump.
Ma le schermaglie tra Matt Groening e la politica non sono cominciate con I Simpson, e non certo nel 2000. Prima di dare vita alla famiglia animata più celebre della televisione, infatti, il creatore di Futurama e Disincanto si era fatto notare per una serie a fumetti ironica e dissacrante: Life in Hell.
Seguendo le gesta del protagonista – l’apatico e depresso coniglio Binky – le strisce settimanali di cui si compone la serie esplorano con un cinismo a dir poco corrosivo le nevrosi personali, familiari e sociali degli Stati Uniti lungo i 32 anni di vita di Life in Hell.
Cominciata nel 1980 e conclusa nel 2012, infatti, la serie entra nel vivo in piena epoca Reagan, con il presidente conservatore che fa occasionalmente capolino sulle sue pagine, soprattutto durante la crisi politica che avrebbe poi portato all’invasione di Panama da parte di George W. Bush.
La deriva individualista e il distacco dagli ideali degli anni ‘80 trovano in Binky e nei coprotagonisti della serie – la compagna Sheba, il figlio Bongo, la coppia di amici Akbar e Jeff – interpreti perfetti, completamente concentrati su sé stessi e sulle dinamiche contorte delle relazioni disfunzionali che li legano.
Solo il piccolo Bongo sembra rendersi conto, con sincerità da bambino e lucidità da adulto, delle assurdità che lo circondano, del vuoto in cui vivono i suoi genitori e che gli viene imposto a forza dalla scuola.
Life in Hell è lo specchio – a tratti divertente, ma più spesso decisamente raggelante – di un’interiorità e di un’intimità spappolate, sgretolate sotto i colpi di una società priva di ogni punto di riferimento collettivo.
L’unica edizione italiana della serie, Il grande libro dell’Inferno pubblicato nel 2019 da Coconino, raccoglie una selezione delle strisce uscite nei primi dieci anni di Life in Hell, durante quegli anni ‘80 che hanno posto le condizioni morali e materiali per lo sfacelo socio-politico degli Stati Uniti odierni.
Il primo decennio di Life in Hell è il resoconto personale e familiare di un’epoca osservata con lo sguardo acuto e sensibile di un autore capace come Groening, da cui trasuda in purezza quel senso di angoscia che caratterizza sottilmente anche le sue serie animate più famose, seppur diluita dai filtri dell’estetica pop.
Mentre quegli stessi repubblicani evocati nella serie come la peggior sciagura possibile tornano al potere nel modo più roboante e ineluttabile, il pensiero va al calviniano “inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme” e ai tanti che, negli Stati Uniti, si preparano a quattro anni di life in Hell.