I reati economici occupano ormai buona parte degli atti giudiziari dei processi di mafia e la loro proliferazione racconta un fenomeno ben preciso: l’infiltrazione delle mafie nell’economia legale. Una infiltrazione perlopiù difficile da percepire, su cui non si crea allarme sociale: lo racconta Michele Riccardi, vice direttore di Transcrime, centro di ricerca interuniversitario sulla criminalità transnazionale.
«L’impatto dell’infiltrazione mafiosa nell’economia, per quanto poco visibile, c’è ed è sotto diverse forme. C’è un impatto diretto, come nel caso di un’infiltrazione negli appalti: abbiamo una minore qualità dei servizi erogati o lavori fatti peggio. Ma c’è anche un impatto culturale: da un lato, nel caso ad esempio di funzionari comunali o professionisti corrotti, un indebolimento dell’istituzione, dall’altro un depauperamento culturale, causato da una cittadinanza che non cura più il territorio come se fosse proprio. Le periferie sono le aree più a rischio di infiltrazioni: per i clan e per i soggetti economici collegati alle organizzazioni criminali è più facile poter beneficiare di fondi, appalti, opportunità in piccoli comuni dell’hinterland, dove l’indebolimento del tessuto economico ha portato a un’economia molto più permeabile all’infiltrazione mafiosa».
In un contesto del genere, quanto è importante per le mafie che, dall’altra parte, ci sia un sistema di “welfare legale” debole, con una popolazione ricattabile e sfruttabile e sulla quale, paradossalmente, poter creare consenso?
«Questo è in qualche modo un circolo vizioso. Da un lato c’è un indebolimento del tessuto sociale ed economico, che si riflette nella perdita di posti di lavoro: chi è in grado di offrire i posti di lavoro o delle opportunità apparentemente vantaggiose riceve un beneficio dal punto di vista del consenso sociale e politico. Dall’altro lato è proprio un’infiltrazione nell’economia che genera una distorsione dell’allocazione delle risorse, che vengono viziate. Sicuramente in un contesto come quello attuale, di povertà culturale ed economica, chi si propone con un’alternativa riceve consenso».