Radio Alhara all’Ortigia Sound System
L’entusiasmo di Leila e Ibrahim, insieme a Ilenia, spaccano l’aria di lutto dell’isola di Ortigia, ancora provata dai giorni dei grandi incendi in Sicilia. Le note arabe di Leila Naas, in arte Leila Moon, portano la mente al di là del Mediterraneo, dove altre terre sono in fiamme. «Il dj-set con Ibrahim è stato molto intenso, stavamo tutti e tutte vivendo un momento di grande ansia ed essere lì a suonare con quell’energia è stato come esorcizzarla», racconta Ilenia Di Mauro, aka Fukinsei, che ha suonato con Ibrahim Owais, durante la seconda sera di apertura dell’Ortigia Sound System festival.
«Mi chiamo Ibrahim e sono uno dei fondatori di Radio Alhara, vengo da Nablus e attualmente lavoro nel “Wonder Cabinet” a Betlemme, dove è ospitata la prima sede fisica della radio». Ibrahim Owais, in arte Owais, è sound artist, designer digitale, produttore creativo, dj, creatore di Recordat e membro di Radio Alhara, la web radio indipendente nata nella Palestina occupata durante il primo lockdown e invitata all’edizione 2023 dell’Ortigia Sound System festival di Siracusa. Il suo lavoro ruota attorno alla progettazione, allo sviluppo e alla creazione di esperienze cross-mediali per spazi sia digitali che fisici.
L’idea della radio, racconta Ibrahim, è nata in maniera totalmente spontanea nel contesto della pandemia, in cui i mezzi multimediali come quello radiofonico erano gli unici possibili per creare interconnessione tra persone e luoghi distanti tra loro.
Nello stesso modo ha avuto inizio la collaborazione con Radio Raheem di Milano che ha trasmesso e promosso, insieme ad altre web radio, il progetto “Sonic Liberation Front”, un’iniziativa di Radio Alhara per la Palestina, nato contro la pulizia etnica del popolo palestinese. Secondo Alhara, infatti, «la relazione asimmetrica tra coloro che danno ordini e coloro che devono obbedire è sempre sancita da chi controlla l’accesso al paesaggio sonoro».
Radio Alhara è diventata presto un canale per affrontare collettivamente anche questioni politiche di primaria importanza: «Nella mia opinione personale non dobbiamo combattere la violenza con la violenza perché perderemmo sempre, ma abbiamo scelto di far vedere in tutto il mondo cosa fa il regime d’occupazione israeliano in Palestina. Combattere l’aggressione con aggressione produrrebbe solo altra aggressione», spiega Ibrahim.
Fare musica in un contesto in cui il solo fatto di esistere è resistere, diventa quindi un vero e proprio atto politico.
«Tempo fa avevamo invitato alcuni artisti provenienti dall’Iraq e dall’Iran, con passaporto britannico, che non sono stati fatti entrare in Palestina dal regime sionista in Palestina solo perché nati in due paesi arabi» continua Ibrahim.
«Quando ci vengono cancellati gli eventi o viene negato l’accesso in Palestina agli artisti e alle artiste che invitiamo, scegliamo di essere il più chiari possibile con il nostro pubblico e di spiegare cosa succede attraverso i social media, questo è il nostro modo di denunciare le ingiustizie dell’occupazione israeliana», racconta Leila Naas, dj e producer di Radio Alhara.
La radio, infatti, non nasce come un canale di propaganda politica, ma il legame con le questioni sociali è inevitabile in uno spazio mediatico nato da voci soppresse. Alhara si concentra principalmente sui suoni e ospita mix musicali di tutti i tipi (tranne club music), uscite di album, podcast, programmi di cucina, talk show e spettacoli radiofonici.
«La radio sta crescendo, adesso si è allargata a tutto il mondo ed è diventata un movimento globale, le persone mandano contenuti da tutto il mondo». Radio Alhara è, infatti, costantemente rimodellata dalla comunità e dai suoi bisogni, «non sappiamo cosa ci aspetta nel futuro ma ascoltiamo e riflettiamo ciò che la comunità chiede», conclude Ibrahim. Quello della musica rappresenta quindi, nel caso di Radio Alhara, un mezzo per esprimere il proprio dissenso contro qualsiasi regime coloniale, in Palestina e nel mondo.